La Cassazione interviene anche nei rapporti tra insegnati e genitori. Secondo la Suprema Corte le mamme non possono prendersela con i professori se i loro figli vengono bocciati per scarso rendimento. Si rischia, secondo la sentenza 21264, la condanna per ingiuria se scrivono lettere ai docenti nelle quali li accusano “di non essere degni di aver avuto alunni” come i loro figli.
La sentenza conferma quindi la condanna a Rosaria S., una mamma che aveva scritto una lettera denigratoria a una delle professoresse del figlio Federico subito dopo aver appreso della sua bocciatura nell’ istituto di istruzione “Vitruvio” di Formia (Latina).
La signora Rosaria S., nella lettera inviata alla “prof” Maria Nunziata G., aveva scritto: “Lei non è degna di avere un alunno come Federico”. Inoltre, l’aveva accusata della “mancata valorizzazione dei pretesi progressi del ragazzo” insinuando “una volontà di ingiusto trattamento dell’alunno”.
Ad avviso della Cassazione, la mamma di Federico è stata giustamente condannata per ingiuria perché quella lettera “esprime dispregio e offesa alla dignità personale e professionale dell’insegnante, trattata come persona di spessore umano e culturale inferiore a quello dell’allievo”. In sostanza, una lettera del genere “esorbita” del tutto dal consentito diritto di critica e “sconfina nell’area della denigrazione e dell’attribuzione alla docente di un comportamento gravemente inosservante dei suoi obblighi”.
E’ stata così confermata, la sentenza emessa dal tribunale di Latina (sezione distaccata di Gaeta) il 14 gennaio 2009 che a sua volta aveva convalidato la pronuncia emessa dal giudice di pace di Gaeta. La Cassazione si è solo limitata ad annullare il risarcimento danni di 2.000 euro a favore della prof, sancito dai giudici di merito, constatando che la docente non aveva avanzato alcuna richiesta per ottenerlo.