ROMA – Cassazione: mentire all’amante è reato. Le bugie di un finto scapolo. Mentire all’amante è reato. Lo stabilisce una sentenza della Corte di Cassazione – ci informa il sito dello Studio Cataldi – che ha imposto la linea dura nei confronti di un uomo che, fingendosi un libero scapolo, ha indotto all’inganno l’amante, pronta a sposarlo, mentre a casa ad attenderlo vi erano moglie e figli. La Suprema Corte, sentenza n. 34800/2016 ha confermato che si è trattato di sostituzione di persona e non tentata bigamia.
L’imputato, per mantenere viva la relazione con l’amante, finge di essere separato, annuncia alla donna di aver chiesto il divorzio e di averlo ottenuto, acconsente al desiderio di unirsi con lei in matrimonio e arriva a seguire un corso prematrimoniale presso una parrocchia milanese. Per suffragare la sua posizione riferisce al parroco di aver addirittura ottenuto l’annullamento del matrimonio religioso da parte del Tribunale della Sacra Rota.
A data fissata e partecipazioni predisposte, però, la donna (incinta di lui) inizia a incalzare il compagno non avendo ancora mai conosciuto i futuri suoceri e stante il ritardo nel presentare la documentazione attestante il divorzio e l’annullamento del primo matrimonio Da questi sospetti si attivano ulteriori indagini e la donna scopre che il fedifrago è ancora sposato e attende un figlio dalla moglie.
La vicenda, dopo l’intervenuta condanna dell’uomo in appello per sostituzione di persona e reati di falso, trova il pieno appoggio della Suprema Corte che, prende espressamente in analisi l’atteggiamento di chi aveva mentito all’amante inducendola in errore, ex art. 494 c.p., al fine di, come precisala norma, “procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno”.
Vantaggio che appare essere, nel caso di specie, non meramente economico o di profitto, ma inclusivo del valore di relazione sentimentale e sessuale, causando quindi vantaggio per se stessi, ma contestualmente un danno esistenziale a chi viene ingannato.