Cassazione: moderatore 'chat' non salva pedofilo della rete

ROMA – La presenza di un 'moderatore', nella chat con tendenze pedofile, non salva, chi immette in rete foto di ragazzini nudi, dall'accusa di cessione di immagini per sfruttamento sessuale di minori. In pratica chi è incaricato di eliminare da un 'forum' i contenuti illegali non fa' da parafulmine alle responsabilità altrui, anche se può essere chiamato a risponderne a titolo di concorso. Lo sottolinea la Terza sezione penale della Cassazione – sentenza 30564 – che ha confermato la condanna per un barese che trafficava in immagini di adolescenti su internet.

L'uomo aveva ripetutamente, all'interno di un gruppo di discussione su Internet, messo a disposizione di tutti gli altri utenti alcuni file a sfondo pedopornografico. Senza successo, Giuseppe G. ha fatto presente – per mitigare la dose di carcere inflittagli dalla Corte di Appello di Bari – che le "immagini, inviate attraverso messaggi di posta elettronica, venivano depositate in apposito server 'NNPT' e si rendevano disponibili e venivano divulgate solo dopo essere state visionate da un moderatore".

I supremi giudici hanno respinto l'obiezione replicando che "l'attività di cessione di materiale pedopornografico non rientra nell'ambito della connessione privata, stante la messa a disposizione di un numero indeterminato di utenti, e la presenza del cosiddetto moderatore è del tutto irrilevante, non escludendo affatto la responsabilità dell'imputato, ma potendo semmai ipotizzarsi il suo concorso con quest'ultimo".

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luiss_vcontursi