La vicenda si svolge in un appartamento di Brescia. Laura S., condomina al piano di sotto, il 13 novembre 2002, porta in tribunale Laura C., proprietaria del piano superiore, intimandole di eliminare due stenditoi dalle due finestre che affacciano sul cortile interno, sui quali la condomina stendeva la biancheria bagnata che sgocciolava sul suo terrazzo.
Laura C., codice civile alla mano, ha fatto presente che i due appartamenti erano stati di un solo proprietario che aveva messo gli stenditoi su quello che stava al piano superiore, creando così la “servitù di stillicidio” che le consentiva di sgocciolare i panni tranquillamente sull’appartamento di sotto.
E in primo grado il Tribunale di Brescia aveva dato ragione a Laura C., sostenendo che il diritto le derivava dal fatto che gli stenditoi metallici erano stati posizionati “dal padre di famiglia”. Di parere opposto la Corte d’appello bresciana che, nel marzo 2006, ha dichiarato “insussistente la servitù di stillicidio sul terrazzo di Laura S.”, in quanto gli stendini erano troppo rudimentali per costituire una servitù. Ordinando dunque a Laura C. di strizzare ben bene i panni in casa prima di stenderli, la Suprema Corte ha respinto il ricorso, facendo notare che “la corte d’appello ha spiegato che la semplice presenza di supporti metallici infissi dall’originario unico proprietario nel muro perimetrale, ai lati delle finestre sovrastanti, non lasciava chiaramente intendere che si volesse assoggettare l’immobile inferiore allo sgocciolamento del bucato bagnato e che Laura S., all’acquisto, non aveva ragione di ritenere che l’immobile fosse gravato di servitù di stillicidio”.