La proverbiale lentezza della giustizia italiana questa volta è stata punita. Una donna di Pescina di 63 anni, infatti, dopo avere trascorso anni e anni tra udienze, rinvii e perizie alla fine si è tolta una bella soddisfazione: grazie ad una sentenza della Corte d’Appello di Campobasso è riuscita ad ottenere un “equo risarcimento” dal ministero della Giustizia, pari a 11.625 euro.
Il processo «si è prolungato in maniera irragionevole» e la magistratura abruzzese ha così applicato il principio di rapida definizione del processo sancito dall’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
La causa era iniziata quando la donna aveva chiamato in giudizio l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale per ottenere il riconoscimento del diritto all’assegno ordinario di invalidità a causa dei suoi problemi di artrosi. La commissione medica dell’allora Usl bocciò la pratica e si arrivò davanti alla pretura circondariale di Avezzano. Era il lontano 1991.
Dopo sei anni si concluse anche il secondo grado di giudizio fino ad arrivare alla sentenza del 2001 della Corte suprema di cassazione che cassò la sentenza di secondo grado e rinviò la causa alla Corte d’appello dell’Aquila. Quest’ultima, dopo altri sette anni di processo, riconobbe definitivamente il diritto della donna di Pescina ad avere l’assegno ordinario di invalidità.
*Scuola di Giornalismo Luiss
