Giovanni Lo Porto, prigioniero da 3 anni: in Pakistan per aiutare dopo terremoto

Giovanni Lo Porto

ROMA – Si chiama Giovanni Lo Porto il cooperante italiano ucciso per errore da un drone americano durante l’attacco della Cia ad un compound di Al Qaeda in Pakistan.

Lo Porto aveva 40 anni. Di lui si erano perse le tracce il 19 gennaio del 2012. Cooperante palermitano, Lo Porto era stato sequestrato insieme ad un collega tedesco nella provincia del Punjab, dove lavorava per la Ong tedesca Welt Hunger Hilfe (Aiuto alla fame nel mondo). Muehlenbeck fu liberato in Afghanistan a ottobre del 2014, con un’operazione organizzata dalle forze speciali tedesche.

Giovanni Lo Porto, Giancarlo per amici e familiari, si trovava a Multan, nella provincia del Punjab, a cavallo tra Pakistan e Afghanistan, dove stava lavorando come capo progetto per l’Ong tedesca Welt Hunger Hilfe. Dopo la laurea a Londra, sempre nella cooperazione internazionale, Giovanni Lo Porto si era specializzato in Giappone. Esperto di collaborazione internazionale, chi ha lavorato con Giovanni Lo Porto lo descrive come una persona molto accorta e preparata. Il suo professore alla London Metropolitan University, dove Lo Porto ha studiato, lo ha ricordato tempo fa come uno studente “appassionato, amichevole, dalla mente aperta”. In Pakistan Lo Porto guidava il progetto di ricostruzione dopo il terremoto e l’alluvione del 2010, missione finanziata da Echo, l’agenzia per gli aiuti umanitari dell’Unione Europea.

Giovanni Lo Porto era stato a Palermo a trovare i suoi familiari poco prima del sequestro. La sua famiglia vive al piano rialzato di una palazzina nel quartiere Brancaccio alla periferia est di Palermo. Il padre di Giovanni Lo Porto, Vito, lavora a Pistoia con uno dei cinque figli. Gli altri tre vivono in città, come la madre Giuseppa.

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Gianluca Pace