ROMA – Trovato impiccato uno dei killer di Torpignattara, responsabile della rapina avvenuta a Roma e finita nel sangue, con la morte di un cittadino cinese Zou Zheng e della figlia Joy di nove mesi. Dopo il confronto delle impronte digitali nel pomeriggio di ieri, 16 gennaio, gli investigatori hanno realizzato che il corpo ritrovato in un casolare al km 14 della Via Aurelia era quello di uno dei due magrebini ricercati per la tragedia consumatasi lo scorso 6 gennaio. L’uomo, un magrebino di vent’anni, è stato trovato impiccato in un casolare all’estrema periferia di Roma.
Caso archiviato come suicidio dagli investigatori, ma c’è chi ipotizza la pista della vendetta. Mohammed Nasiri, questo il nome dell’uomo, forse non era solo al momento della morte. Alcuni dettagli lasciano pensare che si tratti di un caso di vendetta mascherata per via del cappio, appeso troppo in alto, a quattro metri da terra: sotto il cadavere non c’era nulla, nè una scala, nè una cassa che potesse fargli raggiungere quell’altezza. Non solo, a rendere oscura la vicenda anche delle bustine di veleno per topi, forse ingerite dalla vittima prima del “suicidio”.
A raccontare altri dettagli è stato il parroco della piccola chiesa Madonna di Loreto, vicinissima ai capannoni del crimine. I carabinieri lo hanno contattato per dare l’ultima benedizione al corpo. In un sacchetto di plastica accanto al cadavere il parroco ricorda: “Un litro di latte, una confezione di pane in cassetta, un succo di pompelmo. Quanto basta per un pasto”. Mohammed era lì di passaggio?
“Inutile fare confetture, aspettiamo l’autopsia” dicono gli inquirenti, che continano a considerare l’ipotesi del suicidio verosimile. “Si sentiva braccato e si è tolto la vita”.