Che ci fosse qualcosa di poco chiaro nei racconto di Danilo Restivo c’era chi lo aveva capito da subito. Già il giorno successivo alla scomparsa della Claps da Potenza, infatti, in una nota riservata un ispettore di polizia definisce Restivo “teste da ritenersi non credibile”, il quale “potrebbe celare fatti ben più gravi, che lo vedrebbero direttamente coinvolto, in danno di Elisa Claps”.
Il documento – classificato come “annotazione di servizio” e redatto la sera del 13 settembre 1993 è una relazione, di due pagine, dell’ispettore Donato Pace (oggi dirigente della Digos della Questura di Potenza), indirizzata al dirigente della squadra mobile dell’epoca, Luigi Grimaldi. Il poliziotto, che dal giorno precedente è impegnato nelle ricerche della ragazza scomparsa, racconta l’ispezione fatta il pomeriggio di quel lunedì 13 settembre 1993, con Restivo, in un cantiere di scale mobili in costruzione.
In quel cantiere Restivo aveva detto di essere caduto, ferendosi ad una mano, il giorno prima, intorno alle ore 13, circa un’ora dopo aver brevemente incontrato – secondo il suo racconto – Elisa Claps nella chiesa della Trinità. Nella prima parte del documento riservato, l’ispettore propone la versione data sul posto da Restivo ai poliziotti: l’ingresso nel cantiere (“per semplice curiosità “, dice il giovane); e, poco dopo, a metà del percorso verso valle, la rovinosa caduta lungo una rampa di scale, con gli occhiali da vista persi ma subito recuperati, “completamente intatti, senza nemmeno una graffiatura” e un frammento di lamiera che si conficca nel dorso della mano sinistra.
La relazione prosegue poi con le considerazioni dell’ispettore: “E’ opportuno far presente che la versione dei fatti inerenti alla caduta, illustrata sul posto da Restivo Danilo, è apparsa oltremodo inverosimile, perché se effettivamente il citato teste fosse rovinato lungo la scalinata indicata, così come da lui raccontato, i danni fisici che avrebbe subito su tutto il corpo sarebbero stati obiettivamente molto più gravi della semplice ferita riportata alla mano sinistra”. E ancora: “L’inattendibilità della dinamica dei fatti descritta dal suddetto è concretamente avvalorata dal fatto che sia la scalinata, sia le pareti della stessa, sono costruite in cemento armato, allo stato ancora grezzo, il cui strato superficiale si presenta estremamente ruvido”.
Ed è “inimmaginabile”, scrive l’ispettore, che se i fatti si fossero verificati così come narrato da Restivo, quest’ultimo non avesse riportato, “oltre alla semplice ferita, escoriazioni, tumefazioni o altri più evidenti danni”. Prosegue la relazione: “Dal modo generico ed approssimativo con il quale (Restivo, ndr) ha descritto i momenti della caduta, é apparso evidente che stesse simulando la vera dinamica di quanto gli è successo”. Inoltre, “dall’accurato sopralluogo lungo la scalinata dove il citato Restivo ha dichiarato di essere caduto, non vi erano frammenti di lamiera di alcun genere, né sono state rilevate, in tutto il luogo indicato, tracce di sangue. La scalinata era asciutta. Solo all’ingresso del tunnel vi era del terreno bagnato”.
Infine la conclusione, già quel giorno inquietante: “Dall’analisi della ricostruzione dell’episodio della caduta esposta da Restivo Danilo sul luogo dove ha dichiarato che si è verificato il fatto, in sostanza, emerge chiaramente che il teste non è da ritenersi credibile. Lo stesso potrebbe celare fatti ben più gravi, che lo vedrebbero direttamente coinvolto, in danno di Elisa Claps”. Non a caso, proprio per il racconto stravagante della sua caduta Restivo era già stato condannato, in passato, per falsa testimonianza. Dopo la condanna il ragazzo è andato a vivere in Inghilterra proprio vicino all’abitazione di Heather Barnett, la donna di Bournemouth barbaramente assassinata nel 2004.