REGGIO CALABRIA – Claudio Scajola “frequentava” Chiara Rizzo, moglie di Amedeo Matacena, la “invitava” a pranzi in ufficio, le inviava fiori, le procurava biglietti per il Festival di Sanremo. Tutto all’insaputa della moglie. Tutto nonostante lui e la sua famiglia avessero delle serie difficoltà economiche, tanto da aver sforato i fidi concessi dalle banche. E’ quanto ha raccontato agli inquirenti Roberta Sacco, storica segretaria dell’ex ministro del Pdl.
Era lei, la ”bravissima, bravissima, bravissima” Roberta, ad allestire il pranzo con un servizio di catering offerto da un bar ed a lasciare l’ufficio. Ed era sempre lei, a orari prestabiliti o dietro una telefonata del datore di lavoro, a tornare per sistemare. E quando la Rizzo non aveva la possibilità di spostarsi, era la Sacco che la andava a prendere. Un “servizio” per il quale solo una volta ha ricevuto da Scajola 50euro di rimborso (“neanche sufficienti”), mentre le altre volte si è dovuta accontentare di un grazie del suo “datore di lavoro”.
Questo nonostante la famiglia Scajola non navigasse affatto in acque tranquille, a livello economico. “Poco tempo fa Scajola mi ha fatto fare il conteggio delle spese mensili, ho visto che aveva bisogno di sapere quale fosse il suo bilancio familiare”, ha riferito Sacco.
Scajola l’aveva incaricata di “verificare gli spostamenti della Rizzo“, anche attraverso i suoi agenti della scorta. In un’occasione le aveva anche chiesto di verificare se a bordo di un aereo preso dalla Rizzo vi fosse il costruttore Francesco Bellavista Caltagirone, che Scajola “sospettava intrattenesse una relazione con la Rizzo”. Scajola le aveva anche confidato le sue “preoccupazioni” circa “l’amicizia con la signora Rizzo. In pratica, racconta la Sacco nel memoriale, pensava che potesse esserci qualcuno che si prendeva un po’ cura di lei, come faceva lui”. Tutto ciò perché dopo una crociera fatta in compagnia di alcuni amici, la Rizzo “‘sfuggiva’ e non riuscivano più a vedersi e a concordare gli incontri come facevano prima”. Una situazione per la quale Scajola era “dispiaciuto” e “tendeva a voler sapere ogni spostamento di lei per poterne verificare la sincerità”.
Anche perché, è la tesi dell’accusa, in quei mesi era in ballo “l’affair Matacena”, col progetto di spostare l’imprenditore da Dubai, dove si trova, in Libano per fargli ottenere l’asilo politico e sottrarlo alla cattura, grazie anche all’aiuto dell’imprenditore catanzarese Vincenzo Speziali, nipote omonimo dell’ex senatore del Pdl e che in Libano ci vive. Progetto del quale Scajola, riferisce la Sacco, non le ha mai parlato chiaramente.
“Ho dedotto che le operazioni gestite da Scajola, dalla Rizzo e da Speziali si riferissero a Matacena quando ho letto il fax” attribuito all’ex presidente libanese Amin Gemayel. Fax, spiega la segretaria di Scajola, il cui arrivo le era stato anticipato da Speziali, che la contattò per dirle che “sarebbe arrivato un documento riservato per Claudio Scajola”. Lo stesso Speziali di cui aveva già sentito parlare “quando Scajola era ancora ministro”, ma senza ricordare “in che epoca ciò avvenne”.