TORINO – Lei ripete da sempre di non avere ucciso il figlio. E oggi un giudice dice che ''e' possibile'' che non ricordi di averlo fatto.
Le motivazioni della sentenza Cogne bis, dove Annamaria Franzoni viene condannata a un anno e quattro mesi per avere calunniato un vicino di casa (con ''un piano ben congegnato'' cui presero parte tante persone diverse), contengono anche questa nuova lettura: nella mente della donna, oggi rinchiusa nel carcere bolognese della Dozza a scontare la pena per il delitto, e' scattato qualcosa che l'ha portata davvero a rimuovere cio' che accadde il 30 gennaio 2002 nella villetta di Montroz (Aosta), ai piedi del Gran Paradiso.
Il giudice del Tribunale di Torino, che ha celebrato il processo Cogne bis, Roberto Arata, si destreggia fra perizie e controperizie, si concede un'escursione nella letteratura per estrapolare qualche dotta citazione e, alla fine, conclude che, quando Annamaria giura di essere innocente, non e' detto che menta: ma il 30 gennaio 2002, quando colpi' ripetutamente Samuele alla testa con chissa' quale oggetto, ricordava eccome, tanto da avere ''attivato una lucida e consapevole strategia difensiva per sopprimere gli indizi a suo carico''.
Eppure nei mesi successivi ''e' possibile che in lei si siano innescati meccanismi inconsci di rimozione-scissione, capaci di provocare la cristallizzazione di un falso ricordo''. Forse non ricorda, dunque. Ma nel luglio del 2004, quando firmo' la denuncia contro il vicino, Ulisse Guichardaz, sapeva molto bene di stare indirizzando i sospetti contro un innocente. Questo e' il parere del giudice, che parla di un piano che mescolava ''elementi falsi, supposizioni suggestive e manipolazioni della scena del delitto''. E ''il carattere calunnioso della denuncia era cosi' evidente – osserva Arata – che se ne era accorto anche Mario'', il suocero della Franzoni, che se ne dissocio'.
A quella denuncia lavorarono in tanti: molti erano componenti di una squadra allestita da Carlo Taormina, il difensore dell' epoca. E il giudice e' severo nei loro confronti: scrive, infatti, che Annamaria agi' ''insieme a tutti coloro che l' assistettero in conformita' ai diversi ruoli professionali e personali''. La Procura di Torino, dopo le indagini, chiese e ottenne l'archiviazione per gli altri indagati (meno un fotografo svizzero che e' stato condannato per avere lasciato la sua impronta digitale su una porta della villa). Ma secondo Arata ''l'insufficienza degli elementi raccolti a carico dei denuncianti non puo' condizionare'' il giudizio sull'imputata.
La sentenza afferma che l'obiettivo della denuncia non era la condanna di Guichardaz. Si voleva soltanto, grazie anche al clamore mediatico, seminare il dubbio di ''un altro assassino possibile'' nella mente dei giudici del processo d'appello. Gli avvocati della Franzoni, Paola Savio e Lorenzo Imperato, faranno quasi certamente ricorso. In ogni caso, il reato di calunnia sara' prescritto a gennaio.
