Consulta: “Patrocinio gratuito ai mafiosi solo se veri indigenti”

Il palazzo della Consulta

La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una norma di legge che esclude, nei processi, la possibilità per un imputato già condannato per mafia o per contrabbando di tabacchi di essere ammesso al gratuito patrocinio da parte dello Stato, senza una effettiva verifica della situazione di reddito. Rispetto all’esclusione assoluta prevista dalla norma, che finirebbe con incidere sul diritto costituzionale alla difesa, d’ora in poi – ha stabilito la Consulta – spetterà al richiedente dimostrare, con documentazione adeguata, il suo stato di non abbiente, e spetterà al giudice verificare l’attendibilità della documentazione, avvalendosi di ogni necessario strumento di indagine.

Nella sentenza, la Corte Costituzionale osserva che è del tutto ragionevole che, sulla base della comune esperienza, il legislatore presuma che l’appartenente ad una organizzazione mafiosa «abbia tratto dalla sua attività delittuosa profitti sufficienti ad escluderlo in permanenza dal beneficio del patrocinio a spese dello Stato. Ciò che contrasta con i principi costituzionali – si legge nella sentenza, originata da richiesta di verifica costituzionale della norma da parte dei Tribunale di Catania e di Lecce – è il carattere “assoluto” di tale presunzione, che determina una esclusione irrimediabile, in violazione degli articoli 3 (eguaglianza davanti alla legge) e 24 (diritto inviolabile di difesa) della Costituzione».

La norma, pertanto, è stata dichiarata «costituzionalmente illegittima nella parte in cui non ammette la prova contraria». La Consulta, peraltro, sottolinea che «l’introduzione della prova contraria non elimina dall’ordinamento la presunzione prevista dal legislatore, che continua dunque ad implicare una inversione dell’onere di documentare la ricorrenza dei presupposti di reddito per l’accesso al patrocinio».

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