La sentenza della Corte Costituzionale sui matrimoni gay, attesa per mercoledì 24 marzo, verrà con tutta probabilità rimandata al 12 aprile. Lo rende noto Aurelio Mancuso, ex presidente nazionale di Arcigay e leader storico del movimento.
“Da notizie raccolte in ambienti bene informati – spiega Mancuso – la Corte Costituzionale rimanderebbe alla prossima seduta del 12 aprile il pronunciamento sul matrimonio omosessuale. Non si può nascondere che in tutta Italia migliaia di persone gay e lesbiche trattengono il fiato, in attesa della sentenza. Questa indiscrezione aumenta la tensione”.
Per Mancuso “bisogna rendersi conto che milioni di italiane e italiani attendono questo pronunciamento con personale partecipazione, essendo materia che riguarda la loro vita concreta, la loro possibilità di costruire finalmente progetti di vita nella pienezza della cittadinanza. E’ inutile a questo punto fare congetture, attendiamo con pazienza una sentenza che inciderà fortemente anche sulla strategia dell’intero movimento lgbt italiano”.
In attesa del verdetto, intanto, numerose associazioni di gay e lesbiche, tra cui anche Arcigay, hanno organizzato nella serata di martedì a Milano una iniziativa pubblica distribuendo a tutti i partecipanti fiori e fiocchetti bianchi da mettere all’occhiello. Le margherite candide sono infatti simbolo insieme di speranza e di festa per l’unione coniugale, e infatti questa sera alla libreria valdese Claudiana di Milano l’aria che si respirava tra le molte decine di omosessuali era elettrica, per essere riusciti a portare le proprie rivendicazioni davanti all’Alta Corte.
«Essere arrivati in un luogo così lontano da noi – ha spiegato il segretario generale di Arcigay, Luca Trentin – portando le argomentazioni per cui battiamo da anni, è già un grandissimo successo». Al convegno hanno partecipato due degli avvocati del collegio che in nome della difesa sostenuto gli argomenti della illegittimità del divieto ai matrimoni omosessuali, Vittorio Angiolini, già difensore del padre di Eluana Englaro, e Marilisa D’Amico. Angiolini ha voluto ricordare che la questione sollevata è squisitamente giuridica, prima ancora che politica. «qui il problema è giuridico: attiene al terreno dei diritti in cui chi fa una scelta, quella del matrimonio, si fa carico di tutte le conseguenze senza ricadute sugli altri – ha detto Angiolini -, non si capisce perchè se due persone dello stesso sesso si sposano, un terzo dovrebbe sentirsi offeso, si offende solo se vuole imporre la propria visione particolare a tutti».
«Noi non abbiamo difeso oggi il diritto di una minoranza – ha aggiunto D’Amico – ma il principio dell’uguaglianza per tutti».