BOLOGNA – Le condanne di Cesare Geronzi e Matteo Arpe nell’ambito del crac Parmalat sono state confermate dalla Corte d’Appello di Bologna. L’ex presidente di Banca di Roma-Capitalia, Geronzi, e l’allora dg di Capitalia, Matteo Arpe, sono stati condannati per la vicenda della vendita delle acque minerali Ciappazzi, filone nato dall’inchiesta sul crac Parmalat. Confermate, come chiesto dal procuratore generale Umberto Palma, anche le condanne per gli altri sei imputati.
GERONZI E ARPE – Il 29 novembre 2011 Geronzi era stato condannato dal tribunale di Parma a cinque anni per bancarotta e usura aggravata. Per  Arpe, ai tempi dei reati contestati dg di Capitalia, c’era stata una condanna per bancarotta a tre anni e sette mesi.
Secondo le accuse Gironzi avrebbe fatto pressioni perché nel gennaio 2002 Calisto Tanzi, alla guida del gruppo Parmalat, acquistasse l’azienda di acque minerali Ciappazzi dal gruppo Ciarrapico, che era fortemente indebitato con la Banca di Roma-Capitalia. L’accusa rivolta ad Arpe è di bancarotta fraudolenta in merito a un prestito ponte da 50 milioni di euro concesso dall’allora direttore generale di Capitalia alla Parmalat.
ALTRE 6 CONDANNE – Oltre a Geronzi e Arpe sono state confermate le condanne per bancarotta di Alberto Giordano, ex vicepresidente della Banca di Roma, a 4 anni. Alberto Monza, direttore generale della Banca di Roma, e Antonio Muto, dirigente area funzione crediti della Banca di Roma, ed Eugenio Favale, dirigente Area grandi clienti Banca di Roma, sono stati condannati tre anni e tre mesi. Condanna di tre anni e quattro mesi confermata per Riccardo Tristan, l’ex cda Fineco Group, mentre Luigi Giove, responsabile recupero crediti Mediocredito Centrale, ha ricevuto la conferma della condanna a tre anni.
PENE ACCESSORIE CONFERMATE – Tutti e 8 gli imputati hanno visto confermate anche le pene accessorie, che comprendono l’interdizione per 10 anni dall’esercizio di impresa e l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici. Geronzi, Arpe e gli altri sei imputati dovranno poi pagare le spese processuali insieme ai responsabili civili, tutte società del gruppo Unicredit, e le spese sostenute per il giudizio da alcune parti civili tra cui gli ex obbligazionisti di Parmalat.