A una settimana di distanza dalla sentenza della Corte Europea di Strasburgo sul crocifisso nelle aule, parla Sami Albertin, uno dei protagonisti della vicenda.
Il ragazzo è uno dei figli della famiglia che ha portato avanti la battaglia per togliere il crocefisso dalla scuola, ed è intervenuto in tv, nella trasmissione “Domenica 5” per raccontare come ha vissuto il periodo immediatamente successivo alla sentenza.
«Dovendo sempre uscire dalla classe durante l’ora di religione, ero io l’escluso. Ero io quello diverso. E questo ti ghettizza» ha spiegato il ragazzo che poi ha parlato anche di minacce ricevute dalla sua famiglia: «Nei giorni seguente ho ricevuto telefonate da gente che ti insulta apertamente e pesantemente».
Insulti e minacce, però, non sono una novità per la famiglia Albertin: «Negli anni passati sono arrivate lettere di minaccia anche a mia madre, e la minacciavano di stupri e di violenza. Alcuni compagni di classe mi dicevano che ero un ‘ateo di m…».
La situazione, poi, secondo il racconto del ragazzo, è peggiorata dopo il pronunciamento della Corte Ue: «In questi giorni abbiamo ricevuto altre lettere di insulti e telefonate in cui mi minacciavano di mettermi in croce».
«In quanto ateo – ha spiegato ancora Albertin – io non vedo nulla nel crocifisso; per me non significa niente, però essendo principalmente un simbolo religioso e cattolico, io non mi sento rappresentato e, quindi, il sentirsi diverso in una classe non è una bella cosa. Inoltre, ritengo che il crocefisso non faccia altro che marchiare il territorio in quanto quell’aula sotto quel crocefisso è un’aula cattolica».
