La decisione risale al 13 novembre scorso, ma le motivazioni sono state depositate oggi. E tra due giorni lo stesso “tribunale delle toghe” dovrà pronunciarsi su una richiesta di revisione presentata dalla diretta interessata. Per la stessa vicenda , come emerge dal provvedimento adottato dal Csm, il magistrato è sottoposto a un procedimento penale da parte della procura di Perugia – titolare con il collega Sergio Sottani è Giuliano Mignini, uno dei pm del processo per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher – in cui i reati ipotizzati sono quelli di falsità materiale (e ideologica) commessi dal pubblico ufficiale in atti pubblici e dal privato.
A chiedere la sospensione e ad avviare l’azione disciplinare per Schettini era stato il 5 novembre scorso il Pg della Cassazione Vitaliano Esposito, con un pesantissimo atto di accusa: il giudice romano – si legge- non solo ha «falsificato» la tessera in questione; ma con una «condotta preordinata e organizzata» e rientrante in un «medesimo disegno criminoso», ha usato «in atti pubblici soggetti e registrazione o a trascrizione e a iscrizione, false generalità e un falso numero di codice fiscale» (tra l’altro in occasione di un contratto di mutuo di 800mila euro per l’acquisto di un appartamento); tutto questo per «costruirsi una sorta di doppia identità e sottrarsi in questo modo, almeno potenzialmente, alle proprie obbligazioni e ai controlli di legge».
Sì, perchè come scrive il Csm, il magistrato era «al centro di cospicue contrattazioni»; una «congerie di attività commerciali» , anche «intrecciate a quelle della madre», «quotista di riferimento», come lei, di una «società di capitali operante nel settore immobiliare». E l’uso della falsa identità non solo le permetteva di «apparire titolare di patrimonio incapiente a fronte di possibili richieste o esecuzioni», cioè in sostanza nullatenente, ma «nell’immediato rendeva oggettivamente difficili ordinarie operazioni di notifica».
Proprio la circostanza nota che si trattava di un giudice, consentiva a Schettini di adoperare il documento «senza che venissero attivati ulteriori controlli», nota il Csm, che alla luce di tutto questo ha ritenuto vi fosse un’ «assoluta incompatibilità » tra la permanenza del magistrato in servizio «e il decoro della funzione giudiziaria a lei affidata». La diretta interessata non ci sta: e ha già chiesto la revisione del provvedimento, in considerazione del suo stato interessante e in nome della tutela che spetta alle lavoratrici madri.