ROMA 23 MAG ''Mi hanno me – ROMA, 23 MAG – ''Mi hanno menato i carabinieri''. Quando Stefano Cucchi, dopo la convalida del suo arresto per droga, entro' in carcere a Regina Coeli, disse questo a un agente della polizia penitenziaria. E il giorno dopo, portato in ospedale, nel lamentarsi per dolori alla schiena, disse a un altro agente: ''I servitori dello Stato mi hanno fatto questo. Lo diro' al mio avvocato''. Sono i punti salienti dell'udienza di oggi del processo per la morte del geometra romano di 31 anni fermato il 15 ottobre 2009 nei pressi dell'Appio Claudio mentre stava cedendo droga e poi morto una settimana dopo nella struttura di medicina protetta dell'ospedale 'Sandro Pertini'. Per questa morte sono sotto processo dodici persone: sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria. A vario titolo, e a seconda delle posizioni, si contestano loro i reati di lesioni, abuso di autorita', favoreggiamento, abbandono di incapace, abuso d'ufficio e falsita' ideologica. Oggi, davanti alla Terza Corte d'assise, ha testimoniato Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, dalla cui audizione sono emersi due fatti importanti: un sms ricevuto dal fratello qualche giorno prima dell'arresto, e una lettera che il giovane scrisse il giorno prima della morte e che, inviata alla comunita' per tossicodipendenti che frequentava, risulto' spedita due giorni dopo il decesso. ''Mi sto riprendendo la vita'', scrisse ad Ilaria. Poi, il giorno prima della morte, una telefonata a casa da parte di una volontaria del 'Pertini': ''aveva il viso tumefatto, aveva chiesto una Bibbia, ma comunque stava bene'', disse. D'altro canto, dall'ospedale la famiglia Cucchi non ricevette mai alcuna notizia in merito alla morte di Stefano. Lo seppero quando i carabinieri notificarono ''un decreto di autorizzazione ad effettuare l'autopsia. All'obitorio – ha aggiunto Ilaria Cucchi – sembrava fosse un corpo che non volevano si vedesse''. Poi, l'episodio della lettera scritta da Stefano la sera prima della morte ma spedita due giorni dopo: ''Caro Francesco – si legge nella lettera indirizzata a un operatore della comunita' – sono al Pertini in stato di arresto. Scusami ma sono giu' di morale e posso muovermi poco. Volevo sapere se potevi fare qualcosa per me''. Il resto dell'udienza di oggi ha avuto uno scossone quando sul banco dei testimoni sono saliti gli agenti della 'penitenziaria'. E' emerso che quando Stefano entro' in carcere disse all'agente Bruno Mastrogiacomo che lo avevano arrestato per droga, ma anche ''che era stato menato all'atto dell'arresto dai carabinieri''. E una conferma arriva dal carabiniere Stefano Mollica che si occupo' del trasferimento del detenuto la mattina del 16 16 ottobre 2009 in tribunale per la convalida dell'arresto. ''Aveva il viso gonfio – ha detto in aula- e diede una duplice spiegazione di quei segni sul viso: inizialmente disse che erano stati i suoi amici, ma poi invece disse che era caduto dalle scale''. Prossima udienza, il 6 giugno.