ROMA – Datagate, i servizi segreti italiani hanno fatto una dozzina di intercettazioni nel 2013. Lo ha detto Luigi Ciampoli, procuratore generale della Corte d’Appello di Roma che le ha autorizzate, in audizione al Copasir (il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica).
Quindi l’Italia ha partecipato ma in misura ridotta, rispetto ai milioni di comunicazioni spiate dall’americana Nsa e dall’inglese Gchq, secondo le rivelazioni dell’ex analista Cia Edward Snowden.
E’ la legge a prevedere che Aisi ed Aise possano fare intercettazioni preventive, dietro autorizzazione di un magistrato. La riforma entrata in vigore nell’agosto scorso ha centralizzato alla Corte d’appello di Roma l’ufficio dove convergono le richieste da parte degli 007 su tutto il territorio nazionale.
E’ possibile mettere sotto controllo le comunicazioni di un soggetto per un periodo limitato di 40 giorni al termine del quale può essere chiesta una proroga di venti giorni in venti giorni. Alla fine dell’indagine lo stesso procuratore ordina la distruzione del materiale raccolto, che quindi non può esser conservato.
“Abbiamo autorizzato tutte le richieste che ci sono pervenute perché le abbiamo ritenute ben motivate, ha spiegato Ciampoli, altrimenti non ci sarebbe stato il via libera. Da parte dei servizi vi è un’estrema correttezza, grande collaborazione e professionalità”. Secondo il procuratore “in Italia sono impossibili le intercettazioni di massa“, come quelle emerse nel Datagate disposte dagli americani della Nsa. “La nostra legge ci tutela da possibili abusi di questo strumento investigativo come quelli emersi in altri Paesi”.