Il gioco d’azzardo legale è una delle prime cause di indebitamento delle famiglie italiane: è l’allarma lanciato da monsignor Alberto D’Urso, segretario della Consulta nazionale antiusura, di fronte alla commissione parlamentare Antimafia.
Superenalotto, lotterie, poker online e win for life, sottolinea il porporato, sono anche, nella gran parte dei casi, “l’anticamera del ricorso al prestito usurario”.
Inoltre, attraverso l’usura e le estorsioni , la mafia, prima azienda del Paese con un fatturato di 135 miliardi di euro e un utile netto di 78 miliardi, controlla il territorio, sostituendosi allo Stato nel riscuotere le tasse, scrive Alberto Custodero su Repubblica.
A sostegno della tesi di D’Urso c’è il documento presentato dal ministro dell’Interno Roberto Maroni alla stessa commissione d’inchiesta, un documento in cui si svela come il “mercato dell’usura, in Italia, sia in espansione, favorito dall’attuale recessione economica”.
Le parole del prelato sono state accolte con imbarazzo dai politici: “Da una parte, spiega il capogruppo Pd Laura Garavini, lo Stato è impotente di fronte al dilagare del prestito illegale gestito dalle mafie, dall’altra, anziché, per dirla con D’Urso, “prevenire tutte le cause che generano usura, le incentiva, come avviene per il gioco d’azzardo legale, che sottrae denaro alle famiglie con tecniche sempre più raffinate”. E che, secondo uno studio del Censis, ha un volume d’affari di circa 50 miliardi”.
La prova della resa dello Stato di fronte a racket delle estorsioni ed usura, spesso legati fra loro ed entrambi gestiti dalla criminalità organizzata non solo al Sud, ma anche al Nord, è data dai numeri contenuti nella relazione riservata presentata dal titolare del Viminale alla Commissione.
Attraverso usura ed estorsioni – si legge nella relazione del Viminale – la mafia controlla il territorio, e si sostituisce allo Stato nella riscossione delle tasse”.
“Il giro d’affari del credito illegale si aggira intorno ai 13 miliardi di euro. I commercianti colpiti da usura nel 2009 sono stati 200 mila, con un costo di circa 20 miliardi di euro. Quelli vittima di estorsione sono stati 160 mila. Pagano il pizzo l’ottanta per cento dei negozi di Catania e Palermo, il 70 per cento delle imprese di Reggio Calabria, il 50 per cento di quelli di Napoli, del nord Barese e del Foggiano.
E’ invece minima la ribellione della società civile: le istanze presentate al Comitato di solidarietà per le vittime sono state appena 151 per le estorsioni, solo 127 per l’usura. “Con il ddl intercettazioni voluto dal governo – spiega Pier Giorgio Morosini, giudice antimafia e membro dell’Anm – non si potranno più perseguire usura e estorsioni con le indagini telefoniche. E grazie all’emendamento D’Addario tuttora in vigore, la vittima di racket che registrerà l’incontro con il suo carnefice rischierà il carcere per intercettazione abusiva”.