Delitto via Poma, la madre di Simonetta: “Busco frequentava altre, la trattava male”

Raniero Busco durante il processo

Il rapporto tra Raniero Busco e Simonetta Cesaroni era «burrascoso perché lui usciva con l’ex e altre ragazze». Ad affermarlo Anna Di Giambattista, la madre della ragazza uccisa con 29 coltellate il 7 agosto del 1990 in via Carlo Poma a Roma.

Simonetta Cesaroni amava molto Raniero Busco ma non era ricambiata nel sentimento. Avrebbe voluto avere un rapporto più serio e continuativo, ma Raniero non le prestava troppa attenzione. Ma anche il comportamento “particolarmente agitato, quasi più del mio” e che sembrava quasi voler “rallentare le ricerche” di Salvatore Volponi e quello “strano” di Giuseppa De Luca, portiera dello stabile di Via Poma, che inizialmente aveva negato di avere le chiavi dell’appartamento.

Nel processo in corso davanti alla corte d’assise di Roma è il giorno di Anna Di Giambattista e Paola Cesaroni, rispettivamente madre e sorella della ventenne uccisa il 7 agosto del 1990 con 29 coltellate in un ufficio di via Poma, e del fidanzato di Paola, Antonello Barone. L’imputato, presente in aula, è rimasto impassibile durante le deposizioni dei tre testimoni. I loro sguardi non si sono neanche mai incrociati.

In apertura d’udienza, come chiesto dal pm Ilaria Calò, sono state mostrate alcune immagini di un video della trasmissione ‘Telefono Giallo’, ma non il fuorionda che dimostrebbe che Busco mentì, comunque acquisito agli atti. Poi le interviste rilasciate all’inizio degli anni ’90 dai familiari di Simonetta. Acquisite le dichiarazioni di Claudio Cesaroni, padre di Simonetta, morto nel 2005, e circa 30 intercettazioni insieme alle lettere scritte da Simonetta lette dal pm: una per l’amica Donatella e un’altra a Babbo Natale. In entrambe la ragazza si lamentava del suo rapporto con Busco.

Le prossime udienze saranno il 24 febbraio, il 12 e 16 marzo, il 7 e 9 aprile. Il 24 saranno sentiti gli agenti delle volanti e della scientifica, mentre in quella successiva ci sarà l’allora datore di lavoro di Simonetta, Salvatore Volponi, il figlio Luca, il portiere dello stabile di via Poma, Pietrino Vanacore, la moglie Giuseppa e il figlio Mario.

Le due testimoni principali hanno raccontato in aula quanto successe il giorno in cui fu ritrovato il cadavere e si sono soffermate a lungo sulla relazione che la vittima aveva con Busco. “Raniero era un ragazzo che Simona (così la chiamano i suoi familiari, ndr) aveva conosciuto in comitiva – ha detto la mamma – Io l’avrò visto un paio di volte da lontano, non ci siamo mai presentati. Sapevo che tra loro le cose non funzionavano, lui non era docile con lei e lei soffriva per questo perché gli voleva bene. Litigavano spesso, si lasciavano e si prendevano. Lui non alzava le mani, ma non la trattava bene neppure davanti alle sue amiche. Simona si lamentava che lui vedeva ancora la ex e altre ragazze”.

Anche Paola sapeva dell’insoddisfazione sentimentale della sorella: “Lei era innamorata di lui, forse anche troppo, ma non era ricambiata. Simona avrebbe voluto vivere una storia più seria e stabile, ma lui preferiva uscire con gli amici. Le dicevo di non prendersela troppo, di lasciarlo stare, in fondo era bella e giovane e avrebbe potuto trovare un altro fidanzato”. Anche a Paola non fu mai presentato ufficialmente Raniero.

Non è da escludere il movente della gravidanza. Molte domande del pm Ilaria Calò hanno riguardato i timori di Simonetta Cesaroni sul ritardo del ciclo. La mamma: “Su un calendario lei segnava i giorni del mese in cui aveva le mestruazioni. Non utilizzava anticoncezionali ma aveva espresso in quei giorni di agosto il desiderio di adoperarli. Le dissi di andare da una ginecologa”. La sorella: “La mattina del 5 agosto mi disse che era andata dal medico che le aveva prescritto delle analisi. Aveva avuto la sera prima un rapporto con Raniero e aveva visto tracce di sangue. Si era un po’ preoccupata. Le dissi di aspettare qualche giorno”.

Tra le ricostruzioni, anche la descrizione del comportamento “particolarmente agitato” e che sembrava quasi voler “rallentare le ricerche” descritto da Paola Cesaroni e da Barone per spiegare l’atteggiamento di Salvatore Volponi. “Strano” è stato definito dagli stessi anche il comportamento di Giuseppa De Luca, portiera dello stabile di Via Poma, che inizialmente aveva negato di avere le chiavi dell’appartamento dove è stato trovato il corpo di Simonetta. “Quando arrivò la polizia – ha detto Paola – la portiera disse che non aveva le chiavi anche se ci aveva aperto prima l’ufficio. Disse di non averle anche se le teneva dietro la schiena. Al mio invito le tirò fuori e la polizia salì in casa”.

Barone, rispondendo alle domande, ha voluto anche lui sottolineare l’atteggiamento di Volponi: “Era molto più ansioso lui che noi. Era piuttosto teso e confuso. Non ricordava il nome di chi ci poteva aiutare a capire dove poteva essere Simonetta”. Poi ha ripercorso i momenti del ritrovamento del corpo di Simonetta. “Andammo nell’ufficio di via Maggi dove Simonetta lavorava, individuammo l’indirizzo dell’ufficio di Via Poma e andammo lì. Suonammo alla portineria ma nessuno rispose, fino a quando Luca, il figlio di Volponi scavalcò il cancello e la moglie del portiere ci indicò dov’era l’ufficio e aprì la porta. Volponi, in fondo al corridoio della casa, si mise le mani tra i capelli e disse al figlio di tenermi. Arrivai davanti la porta, ma la stanza era semibuia e vidi solo una ragazza per terra. Poi con l’aiuto di un accendino, riuscii a trovare l’interruttore della luce e allora quello che vidi fu choccante. Non si vedeva che Simona aveva avuto 29 coltellate, notai però dei buchi all’altezza del torace”.

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