MILANO – “Mi hanno rovinato la vita, ma non odio nessuno”. Denise Cosco, la figlia di Lea Garofalo, vive sotto scorta in una località segreta e ha cambiato nome. Sua mamma è stata uccisa e bruciata fino alla cenere dal padre Carlo Cosco, esponente della ‘ndrangheta condannato all’ergastolo per l’omicidio. E in carcere c’è anche Carmine Venturino, ex fidanzato di Denise e complice del padre.
Denise, che ha cambiato nome, racconta a Michele Brambilla de La Stampa:
“«È una storia di coraggio ma soprattutto d’amore. In fondo tutto è cominciato da lì: dall’amore di mia madre per mio padre». I carabinieri di Milano le hanno regalato il diario di sua mamma: quaderni trovati durante le indagini. «Non ne conoscevo l’esistenza. È un diario che mamma scrisse quando mi aspettava. Leggendolo si capisce che era super-innamorata di mio padre». Chissà se anche suo padre è mai stato innamorato di sua madre. «Io penso di sì. Ma mio padre aveva anche secondi fini. Mia mamma era la sorella di Floriano Garofalo, il boss di Pagliarelle, il nostro paese, una frazione di Petilia Policastro, in provincia di Crotone. Ho il sospetto che mio padre si sia messo con mia madre per entrare nel giro giusto, insomma per fare carriera nella ’ndrangheta. Lui non veniva da una famiglia mafiosa. Mia mamma invece sì: anche suo padre era un boss, lo uccisero nel 1974, quando mamma aveva otto mesi. Capisce in che ambiente è nata e cresciuta mia madre, Lea Garofalo?
La mamma di Denise rimase incinta a 16 anni e decise di tenerla. E se di mamma Lea sono tanti i ricordi, stessa cosa non vale per il papà Carlo:
“Di mio padre invece non ho grandi ricordi. A casa non c’era mai. Un’immagine però mi è rimasta scolpita nella memoria. Nitidissima. Avevo cinque anni. Era notte. Bussarono forte alla porta, poi entrarono con i cani e lo arrestarono. Da allora, rividi mio padre solo in carcere, ai colloqui, perché mia mamma nonostante tutto lo andava a trovare. Credo che fu durante uno di quei colloqui che mio padre decise di ucciderla. Anche questo è un momento che ricordo bene. Lei era esasperata, stufa di quella vita, gli disse che voleva lasciarlo. Lui scavalcò il divisorio e le saltò addosso, la riempì di botte. Una donna non può lasciare un boss! Sono sicura che poi, anni dopo, l’ha uccisa per quello sfregio al suo onore”.
Poi nel 2001 Lea Garofalo diventa collaboratrice di giustizia per portare Denise via da quel mondo:
“La nostra vita cambiò. Dovemmo nasconderci e cambiare nome e cognome. Prima diventai Sarah De Rossi. Poi, quando avevo 15 anni ed eravamo a Udine, ci spacciammo addirittura per sorelle. Ma a me veniva sempre da chiamarla mamma, e allora lei come nome prese Maria, così dopo il “ma…” facevo in tempo a correggermi”. Ride di gusto. “Io ero Denise Petalo e lei Maria Petalo. Ridicolo, no? Petalo di Garofalo!”.
Nel 2009 Lea torna da Carlo e, racconta Denise, lui manda un sicario ad ucciderla:
“«Ero in camera a dormire. Fui svegliata dal rumore di una colluttazione. Vidi un uomo addosso a mia mamma e gli saltai al collo: sono mingherlina, ma lo riempii di botte». Il rapitore scappa, anche perché nell’ordine ricevuto era specificato di lasciar perdere «se trovi in casa anche la ragazza»”.
Poi nasce l’amore con Carmine Venturino, quando ancora la ragazza non sa che è uno dei complici dell’omicidio della mamma. Ma Denise trova ancora oggi il sorriso:
“Il giorno della sentenza non ho gioito. Mi hanno rovinato la vita ma non riesco a odiare nessuno. Neanche mio padre. Ogni tanto provo pena per lui. Non ha capito che cosa si è perso: una famiglia, una figlia, l’amore che avrebbe potuto avere”.