«Una discarica di perdite e di malaffare, in un circolo vizioso di interessi illeciti e conflittuali». Così viene definita la Burani Designer Holding (Bdh) dal curatore fallimentare Diego Moscato, nel dossier riportato dal Corriere della Sera. Alcune operazioni messe in piedi in quattro e quattr’otto a ridosso del crac miravano alla «tutela esclusiva degli interessi egoistici dei Burani e dei loro “comparielli”».
Un’analisi dura, che ripercorre alcune operazioni finanziarie e inquadra il sistema di relazioni e di «imbarazzanti conflitti di interesse» tra la famiglia di Cavriago e alcuni partner d’affari.
Nel dossier Moscato contesta, tra le altre cose, la rivendita nell’ottobre 2009 per 7 milioni del 51% della Spm Drink System (macchine erogatrici di bevande calde e fredde) ai precedenti proprietari, che l’avevano ceduta per 10 milioni ai Burani nel maggio 2008, con uno sconto sul prezzo della rivendita del 30%.
Il dossier ricostruisce poi l’illegittima restituzione alla quotata Mariella Burani Fashion Group, da poco ammessa all’amministrazione straordinaria, di un finanziamento erogato originariamente dalla controllante Bdh e il rimborso anticipato – non dovuto, secondo Moscato – di un prestito obbligazionario emesso da Bdh e sottoscritto da Advisory Fiduciaria (Af). Ma il numero uno di Af, Francesco Acerbi, è il marito di una dirigente Bdh che ha partecipato «alla deliberazione e materiale esecuzione degli atti».
Il documento su Burani e «comparielli» dovrebbe essere già stato acquisito dai pubblici ministeri milanesi Luigi Orsi e Mauro Clerici, titolari dell’inchiesta giudiziaria.
Ma il dossier ha scatenato polemiche, non solo per le ricostruzioni del curatore («confutabili» secondo uno dei destinatari del documento), ma «è il linguaggio utilizzato e la parola “comparielli” a far infuriare i Burani e non solo», afferma l’uomo al Corriere. Tanto che, a sua detta, sarebbe stata anche ventilata un’iniziativa legale contro il professionista del tribunale.
