Esclude che il segreto di Stato possa essere opposto “riguardo ad attività estranee alle finalità istituzionali” dell’ex Sismi il gup di Perugia Carla Giangamboni che oggi ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri, davanti alla Corte costituzionale, riguardo al segreto di Stato invocato da Nicolò Pollari e da Pio Pompa nell’indagine sul presunto archivio riservato di via Nazionale poi confermato dal Governo.
Il giudice ha quindi sospeso l’udienza preliminare nella quale l’ex direttore e l’ex funzionario del Servizio sono imputati di peculato per avere utilizzato fondi e mezzi dell’organismo per finalità non istituzionali. Cioè per realizzare decine di dossier su magistrati, politici e giornalisti.
Addebiti sempre respinti da entrambi che però hanno sostenuto di considerare essenziali per la loro difesa atti e informazioni coperte dal segreto di Stato.
Ora il gup, con il provvedimento depositato l’8 giugno, ha chiesto alla Consulta di dichiarare “che non spetta al presidente del Consiglio dei ministri secretare, ‘modi e forme dirette e indirette di finanziamento per la gestione da parte di Pio Pompa della sede del Sismi di via Nazionale a Roma, allorche’ il Servizio era retto da Nicolò Pollarì, ‘modi e forme di retribuzione diretta o indiretta di Pio Pompa’” e di una sua collaboratrice, “nonché sull’esistenza di direttive e ordini, durante il periodo in cui il Sismi era diretto da Nicolò Pollari”, impartiti all’ex funzionario “di raccolta di informazioni su magistrati italiani O stranieri”. Il giudice ha inoltre sollecitato la Consulta a annullare i provvedimenti di conferma del segreto di Stato.
Nell’atto del gup si afferma tra l’altro che “i principi costituzionali vanno a postulare l’esistenza di un obbligo generale in capo ai soggetti pubblici di giustificare l’impiego delle risorse in conformità alle rispettive finalità istituzionali non essendo in alcun modo compatibile con la Costituzione un potere di spendere denaro pubblico in assenza di qualsiasi tipo di controllo esterno al soggetto che la spesa dispone”. E per il giudice “non fa eccezione il settore dei servizi di informazione”.
L’avvocato Nicola Madia, uno dei difensori di Pollari e Pompa, ha parlato di “decisione molto saggia”. “Perché percorre – ha aggiunto – tutte le strade che la legge prevede per verificare la legittimità dell’apposizione del segreto di Stato. Ciò conferma che esso non rappresenta una forma di impunità per gli indagati in quanto l’ultima parola sulla legittimità – ha concluso l’avvocato Nicola Madia – spetta sempre alla Corte costituzionale”.
