NAPOLI – C'e' un ruolo, centrale, che la famiglia di Danilo Restivo ha avuto. Un ruolo di totale copertura. E' quanto scrive il gup Elisabetta Boccassini nella sentenza di condanna a carico di Danilo Restivo, ritenuto l'omicida di Elisa Claps. Il Gup parla di ''condotte di inquinamento probatorio imputabili a famigliari e terzi''.
Tantissimi gli esempi riportati nella sentenza. ''Nella immediatezza dei fatti i genitori, ed in particolare il padre, del Restivo, su consiglio del loro legale di fiducia, si rifiutavano di consegnare gli abiti indossati dal Restivo il giorno in cui era scomparsa Claps Elisa e gli stessi, peraltro, venivano immediatamente lavati dalla madre del Restivo, non appena il predetto faceva ritorno dall'ospedale'', scrive il Gup.
In occasione della perquisizione condotta presso l'abitazione della famiglia Restivo, dopo la scomparsa di Elisa, ''l'imputato, su consiglio della madre ed incurante di tutto quanto stava avvenendo, si recava in cucina e pranzava; nei giorni seguenti, poi, i predetti genitori imponevano al figlio di uscire di casa solo per andare a lavoro e dopo due mesi lo facevano trasferire, come detto, in Gran Bretagna''.
La famiglia ''lo faceva trasferire a Torino, a Rimini, a Trapani, poi di nuovo a Potenza per un breve periodo, ed, infine, in Gran Bretagna''. Ed ancora, ''nel periodo in cui Restivo era detenuto in carcere nella stessa cella di Gega Eris, all'epoca pure sospettato di intralciare le indagini, i famigliari gli consigliavano di non parlare con il predetto compagno di cella poiche' era possibile che le loro conversazioni venissero intercettate dagli inquirenti (intercettazioni effetivamente in corso)''.
''Allo stesso modo i predetti famigliari – scrive il gup – nel periodo in cui le loro utenze telefoniche venivano sottoposte a controllo, mantenevano sempre il massimo riserbo nelle loro 100 conversazioni, risultate tutte estremamente concise; oltre ad aver fatto ricorso, per diverso tempo, abuso di cabine telefoniche''.
''Particolarmente significativa nei sensi indicati risulta la conversazione intercorsa tra Restivo Danilo ed il padre il giorno 15.09.1993, ovvero due giorni dopo l'audizione dello stesso Restivo Danilo e dei suoi famigliari presso la Questura di Potenza e tre giorni dopo la scomparsa di Claps Elisa'', sottolina il Gup.
''In detta conversazione Restivo Danilo contattava il padre che si trovava a lavoro presso la biblioteca nazionale – si legge nella sentenza – per chiedergli se poteva indossare la camicia di jeans (si ricorda che il giorno della scomparsa di Elisa Restivo indossava una camicia di jeans) ed Il padre gli chiedeva a ''quale'' camicia si riferisse; l'imputato rispondeva dicendo testualmente ''quella la''; il genitore insisteva ancora dicendo ''quale quella la'?''. Solo a quel punto il Restivo Danilo, insospettito dalle risposte del padre, chiedeva se poteva parlare ed il Restivo Maurizio rispondeva di no, poi lo invitava ad indossare la camicia che trovava; indi, la conversazione veniva portata su altri argomenti''.
''Analoga condotta del Restivo Maurizio, emerge nel corso della conversazione da lui tenuta con la figlia Anna prima che la stessa si recasse in Questura per rendere dichiarazioni testimoniali in data 11.10.1993 – scrive ancora la Boccassini – In tale circostanza, infatti, il Restivo Maurizio, invitava la figlia a riflettere bene prima di rispondere (''conta fino a dieci''), a non agitarsi ad essere precisa e puntuale, a non arrabbiarsi e a dare risposte concise (''si e no''),senza andare al di la' di quanto richiestole''.