Elisa Claps, potrebbe riaprire la chiesa che fu la sua tomba

Elisa Claps, potrebbe riaprire la chiesa che fu la sua tomba

POTENZA – Potrebbe riaprire la chiesa che per 17 anni è stata la tomba di Elisa Claps. Il vescovo di Potenza ha fatto sapere con un comunicato che la Chiesa della Santissima Trinità potrebbe riaprire i battenti:

“Sono in corso verifiche strutturali per stabilire con esattezza gli interventi da adottare per rendere nuovamente fruibile lo storico edificio – si legge nella comunicazione ufficiale -. Quanto prima sarà pronta una relazione tecnica sulla base della quale sarà decisa la calendarizzazione dei lavori”.

Il corpo della sedicenne uccisa nel 1993 subito dopo la scomparsa venne trovato nel sottotetto il 17 marzo del 2010. Per l’omicidio è stato condannato a trent’anni di carcere Danilo Restivo. Dal giorno del ritrovamento dei resti di Elisa la chiesa è rimasta chiusa, anche dopo che la rocura di Salerno ne aveva disposto il dissequestro nel 2014.

Contraria alla riapertura la famiglia Claps che da anni chiede che venga fatta luce sulla protezione di cui Restivo potrebbe aver goduto per lunghi anni dopo la morte della ragazzina.

La vicenda di Elisa Claps  è “caratterizzata da un percorso a dir poco travagliato e contraddittorio”, con un solo dato certo, ovvero che “ci sono voluti 17 anni per ritrovare i resti del suo giovane corpo proprio lì dove era stata vista l’ultima volta prima della sua scomparsa”. E’ una delle frasi inserite nelle motivazioni della sentenza con cui due donne, Margherita Santarsiero e la figlia Annalisa Lovito (che si occupavano delle pulizie nella chiesa), sono state condannate a otto mesi di reclusione (pena sospesa) per false dichiarazioni al pm.

Per l’omicidio di Elisa Claps, è stato condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione Danilo Restivo. Il processo, il cui dispositivo è stato emesso il 14 settembre 2015, si è concentrato sulle dichiarazioni delle due donne che, al momento del ritrovamento del corpo di Elisa Claps, avevano spiegato di non essere mai salite prima in quel sottotetto e, secondo il giudice, questo – almeno per una delle due donne – è falso. Altro passaggio fondamentale delle udienze era quello di capire se, prima del 17 marzo 2010, quel corpo fosse già stato visto.

Per i giudici è in ogni caso “accertato” che il cadavere di Elisa fu ritrovato tra gennaio e febbraio 2010. Furono, almeno ufficialmente, alcuni operai – impegnati in lavori di ristrutturazione della chiesa – il 17 marzo a scoprire il corpo e a comunicarne la scoperta al viceparroco, don Wagno Oliveria che, secondo il giudice, ha avuto un “comportamento a dir poco anomalo” quando ha appreso “una notizia così raggelante con apparente indifferenza”: questo comportamento, è scritto nelle motivazioni, “trova una logica spiegazione nella precedente conoscenza da parte di don Wagno dei resti di Elisa nel sottotetto”.

Il viceparroco aveva spiegato durante il processo che, tra gennaio e febbraio del 2010, una delle due donne gli aveva comunicato il ritrovamento dei resti (in particolare un “cranio”), rispondendo loro di avvertire don Ambroise, parroco della Trinità. Tutte le affermazioni di don Wagno, secondo i giudici, hanno “imprecisioni prive di significatività”, poiché si tratta “di una vicenda delicata e con un contesto altamente emotivo”, ma restano comunque “pienamente attendibili”.

Don Wagno, di origine brasiliana, successivamente parlò con l’allora vescovo di Potenza, mons. Agostino Superbo, il quale in un primo momento capì che si trattava di un “ucraino”, non comprendendo in pieno le parole del sacerdote: intuita poi la gravità della vicenda, lo invitò ad andare dalla Polizia: per i giudici, quanto riferito dal vescovo, “all’apparenza equivoco e inverosimile”, è “apparso plausibile”. E ciò è suffragato dal fatto che monsignor Superbo ha segnalato il fatto alle forze dell’ordine.

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Elisa D'Alto