GELA – Ci sono oltre 67 mila detenuti anche se la capienza massima delle carceri è di 45 mila posti. Ci sono, o meglio ci sarebbero, otto carceri (da Cuneo alla Sicilia) pronte per accoglierne alcuni e lenire l’emergenza sovraffollamento. Solo che queste carceri restano vuote, inutilizzate e “pattugliate” da qualche agente che si limita ad accendere e spegnere le luci. Ci sarebbe anche un “piano” ad hoc che prevede nuovi istituti di pena. Quello che manca sono i soldi per realizzarlo davvero, iniziando con l’assumere quegli agenti che i detenuti devono controllare.
Basta un esempio, quello di Gela. Là c’è un carcere nuovo di zecca, 48 celle pulite, arredate e con il bagno privato. Ufficialmente è inaugurato dal 2007 ma non può aprire. Spiega sulla Stampa Laura Anello, che da quel giorno di inaugurazioni ce ne sono state altre due ma che nessun detenuto ha mai visto quelle celle.
Non si tratta, però, di un caso isolato. Di carceri rimesse a nuovo e mai utilizzate è piena la penisola. Si parte da Cuneo dove c’è un nuovo padiglione da 400 posti completamente vuoto. Allo stesso modo è vuoto il carcere di Velletri (altri 200 posti) in provincia di Roma. Semivuoto, invece, il nuovo carcere di Rieti. Dove si sono scelti progetti meno ambiziosi la sostanza non cambia. A Nuoro ci si è “accontentati” di realizzare una nuova ala. Che però non ha mai aperto. Situazione identica ad Avellino. A completare l’elenco delle carceri inutilizzate ci sono altri due reparti vuoti, uno a Enna e l’altro a Barcellona Pozzo di Gotto.
A mancare, però, non sono i detenuti: in Italia ce ne sono ammassati circa 67 mila. Mancano invece le risorse economiche e il personale. Secondo il sindacato Osapp, infatti, l’organico della polizia penitenziaria va potenziata del 40%. Senza soldi, insomma, i vari “piani carceri” rischiano di rimanere solo carte piene di buone intenzioni.
A Gela, però, la situazione è la più surreale. Del carcere si è iniziato a parlare già negli anni ’70. Per vedere l’avvio dei lavori, però, si è dovuto aspettare il 1982. Un quarto di secolo dopo, nel 2007, la prima inaugurazione. C’era l’allora ministro Clemente Mastella a prendere le chiavi del carcere. Cerimonia tanto solenne quanto senza senso: nel carcere mancavano le cucine e l’allaccio dell’acqua. Da allora di inaugurazioni ne sono state fatte altre due ma il carcere è ancora chiuso, con il classico scambio di accuse tipico di questi casi. L’amministrazione penitenziaria accusa il Comune e spiega che manca l’acqua. Il sindaco di Gela, Angelo Fasulo, rispedisce le accuse al mittente e spiega che acqua e strade sono state realizzate. Mancano, invece, gli agenti di polizia penitenziaria. Per la precisione ce ne sono 10 (ogni sera accendono le luci e le spengono all’alba), ma ne servirebbero altri 80. Dovrebbero guardare i detenuti; per ora si limitano a guardare gli interruttori della luce in un carcere vuoto.
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