ROMA – Non c’è “nessun rischio di contaminazione” per la popolazione italiana a seguito “dell’imminente transito sull’Italia di una nube contenente particelle radioattive scaturita” dall’incidente nucleare in Giappone.
Lo affermano, in una nota congiunta, l’Associazione medici endocrinologi (Ame), l’Associazione italiana medicina nucleare (Aimn) e l’Associazione italiana tiroide (Ait). Non è quindi raccomandata, precisano, “alcuna misura terapeutica o preventiva, poiché il livello di radioattività è estremamente basso e non eccede in maniera significativa la normale esposizione ambientale”.
Le tre associazioni si soffermano anche sul rischio della popolazione giapponese esposta a radiazioni, e ricordano che le categorie più a rischio sono le donne in gravidanza e i bambini sotto i 10 anni, ma anche i pazienti affetti da insufficienza renale in terapia con dialisi.
“L’esperienza di Chernobyl – aggiungono Ame, Aimn e Ait – ci ha insegnato che i tumori della tiroide indotti dalle radiazioni compaiono dopo circa 10-20 anni. E’ necessaria, pertanto, anche se limitata alle sole zone esposte alla sorgente radioattiva, la sorveglianza medica per tutta la vita dei soggetti eventualmente contaminati”.