Eni vuole riconvertire la raffineria, Gela si ferma per protesta

Ansa

GELA (CALTANISSETTA) – L’hanno già denominata “la marcia dei 20 mila” la manifestazione popolare con cui Gela e il suo comprensorio, in sciopero generale, hanno gridato con forza il proprio “no” alla ipotizzata chiusura della raffineria, alla cancellazione degli investimenti e al taglio di 3.500 posti di lavoro.

Striscioni, cartelli e manifesti per dire che “Gela non vuole morire di disoccupazione” e che “a un popolo a cui si nega il lavoro si nega la dignità umana”. Uomini, donne, vecchi e bambini sono scesi in piazza e, in corteo, dal museo archeologico, hanno raggiunto piazza Umberto per avviare, come l’ha definita il governatore Rosario Crocetta, (ex sindaco di Gela), “quella battaglia di resistenza, che non sarà breve ma di lunga durata, perché non possiamo permettere l’abbandono di una città che viene spremuta come un limone e poi gettata via”.

In prima fila, con decine di dirigenti sindacali, la leader della Cgil Susanna Camusso, secondo la quale “da Gela è partita una richiesta precisa: mettere al primo posto il bisogno di difendere con le unghia e coi denti il lavoro che c’è e di crearne dell’altro. Non esiste un’idea di ripresa in questo Paese – ha spiegato – se non si parte dal lavoro”. E all‘Eni, che smentisce l’esistenza di un piano aziendale di disimpegno e di tagli occupazionali, annunciando piuttosto la costruzione di impianti di eco-carburanti, la numero uno della Cgil ha replicato sostenendo che “se si vogliono fare scelte di investimenti innovativi, come i bio-fuel, queste si affiancano e non si sostituiscono alla raffineria. Per Gela una soluzione c’è: non siamo di fronte a un’azienda in difficoltà. Eni decida di non distribuire dividendi e li investa guardando al futuro”.

Il cane a sei zampe, dal canto suo, coglie l’occasione di una visita del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, all’impianto di Porto Torres per rassicurare sulla sua presenza in Italia nel comparto della chimica. In una nota, il gruppo ricorda come Porto Torres sia il primo esempio in Italia della della riconversione di un petrolchimico in perdita strutturale in uno stabilimento di chimica verde con solide prospettive di business e occupazionali, mentre a Priolo è in fase di realizzazione il programma di consolidamento degli impianti da 160 milioni di euro. Infine, a Porto Marghera, verrà a breve implementato un progetto di trasformazione finalizzato a dare sostenibilità economica e produttiva al sito, mediante lo sviluppo di una piattaforma tecnologica di chimica innovativa da fonti rinnovabili.

A Gela restano forti però le preoccupazioni di migliaia di operai, che da 20 giorni presidiano il petrolchimico, quasi a difenderlo da un invisibile nemico che vorrebbe cancellarlo, e sono fatte proprie dalla Chiesa, presente con il vescovo di Piazza Armerina, monsignor Rosario Gisana, e con il clero, nel lungo serpentone, schierati a fianco dei dimostranti. In piazza anche sindaci e amministratori dei comuni del comprensorio con i gonfaloni al seguito. Numerose le delegazioni di lavoratori giunti dagli altri poli industriali siciliani come Siracusa, Messina, Palermo, Termini Imerese, a rischio chiusura.

In coda al corteo decine di tir in rappresentanza di una categoria che sta lavorando poco o niente dopo la chiusura del Polietilene e la cessata produzione di Pet-coke. Secondo Paolo Pirani, segretario nazionale della Uiltec-Uil, “l’Italia rischia di uscire definitivamente dal novero dei paesi industriali, se non affronta i problemi dell’energia e dello sviluppo: un vero e proprio disastro per il Paese”. “Si è voluto partire da Gela, dal punto più delicato del Mezzogiorno – ha spiegato il leader della Uiltec – per dare questo senso alla nostra protesta di oggi e di quella di domani”, quando ci sarà lo sciopero di otto ore dei trentamila dipendenti del gruppo Eni e di due ore del personale degli altri gruppi.

E’ il secondo dei tre giorni caldi che dovranno indicare una via d’uscita alla difficile vertenza Gela; la terza giornata è quella del 30, che vedrà riuniti attorno a un tavolo del ministero per lo sviluppo economico, governo, Eni, sindacati, Regione Sicilia e Comune. Gli operai sperano, ma si preparano anche a rafforzare i presidi: dopo la raffineria, anche ai pozzi petroliferi e al gasdotto libico GreenStream.

Published by
Lorenzo Briotti