ROMA – Enti inutili. Dal Cnel al Tiro a segno, tutti i “resistenti” della poltrona. Gli enti pubblici inutili, quelli da sopprimere attraverso tagli mirati alla spesa pubblica votati in Parlamento, dimostrano una rara capacità di sopravvivenza: i “resistenti” della poltrona, in primis amministratori e consiglieri, cacciati dalla porta delle manovre finanziarie, rientrano dalla finestra dei vari emendamenti piazzati strategicamente nelle maglie della legge.
Delle 11.024 società partecipate da un soggetto pubblico censite, sono quasi 2 mila, per la precisione 1.896, quelle con zero addetti. Altre 1454 di queste società sono formalmente inattive. L’ex ministro per la Semplificazione Calderoli ne aveva individuate 1612 da chiudere con procedura d’urgenza, si sono salvate. Sono salve anche quelle che il commissario alla spending review Carlo Cottarelli aveva suggerito di chiudere subito.
Sergio Rizzo sul Corriere della Sera ha stilato una lunga lista dei resistenti e delle tecniche di sopravvivenza, a partire dal caso Cnel (Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro): si oppone alla chiusura l’ex ministro Antonio Marzano, che perderà la poltrona di presidente ma ritroverà il vitalizio da ex parlamentare.
Mentre l’ex presidente Abi Patuelli e altri consiglieri Cnel si sono prontamente dimessi, in 45 su 64 sono rimasti ai loro posti a presidio del fortino. Ricevono fondi anche dal ministero del Lavoro che, un caso fra i tanti, beneficia ogni anno dal 1999 una struttura interna (Onc) di 250mila euro per redigere un rapporto su immigrati e mercato del lavoro fotocopia di quello dello stesso ministero (alla guida dalla fondazione l’ex sindacalista Cisl Giorgio Alessandrini, 76 anni). Ma la lista dei resistenti è lunga.
Vivi i difensori civici. Altrettanto i Tribunali delle acque, i Bacini imbriferi montani, gli Ato, come pure i 600 «enti strumentali» delle Regioni che nel frattempo sono pure aumentati di numero. Vivissimi i 138 enti parco regionali nonché la pletora dei consorzi di bonifica fra i quali se ne trovò uno, nelle colline livornesi, che aveva 16 dipendenti e 33 fra consiglieri e revisori.
Per non parlare degli altri enti che si salvarono per il rotto della cuffia durante l’ultimo governo di Silvio Berlusconi grazie a un cavillo concesso loro: rifare in fretta in fretta lo statuto. Salvo l’Istituto agronomico per l’Oltremare. Salva la Cassa conguaglio per il Gpl (Gas di petrolio liquefatto). Salva la Fondazione Marconi.
Salva l’Unione italiana Tiro a segno, del cui presidente Ernfried Obrist la Gazzetta dello sport pubblicò cinque anni fa la foto mentre posava accanto ad alcuni tiratori che indossavano la divisa storica delle SS, scatenando l’indignazione delle associazioni dei partigiani. (Sergio Rizzo, Corriere della Sera)