MILANO – Esselunga si è beccata una condannata per concorrenza sleale, per il Tribunale di Milano ha ragione Coop. Il patron di Esselunga Bernardo Caprotti e autore del libro “Falce e carrello” racconta in una lettera al Corriere della Sera la sua versione e la sua delusione per la perdita in aula.
“Per quanto riguarda la sentenza, il tribunale di Milano è stato forse clemente: non ha ammesso la diffamazione, ci ha condannato solo per concorrenza sleale. Io sono soltanto sleale, cioè «unfair», subdolo e tendenzioso. Un niente, di questi tempi! quasi un gentiluomo. E per i danni subiti da Coop per questa sleale concorrenza ha accordato 300.000 euro invece dei 40 milioni richiesti! Il libro «Falce e carrello» Il libro? Non si ordina neppure di bruciarlo sulle pubbliche piazze. Io, per quanto mi riguarda, vorrei però rimettere le cose nei termini appropriati”.
Poi tiene a chiarire: “Quando mi si accusa di «attacco» – per non parlar del resto – si dice una bugia. Sono cose intime, esistenziali, ma perché non dirle? Nell’estate del 2004 sono stato gravemente ammalato e, stordito dal Contramal, un antidolorifico tremendo, caddi di notte in bagno e mi fratturai la colonna vertebrale. Inoltre quattro mesi prima mio figlio se ne era andato. Mio figlio non è mai stato scacciato, mio figlio non ha mai fatto nulla di male, semplicemente si era attorniato di una dirigenza non all’altezza. Per me il suo autonomo allontanamento è stato un grande dolore. Ricordo quell’autunno 2004, come un periodo tristissimo, di grande sofferenza e di estrema debolezza. È in questo 2004 e nell’anno seguente che, nella mia defaillance, fui oggetto di una vera e propria aggressione”.