ROMA – Giuseppe Maria Saba, medico in pensione, dice: “Ho aiutato a morire un centinaio di malati. Non la chiamo anestesia letale o eutanasia ma dolce morte, è una questione di pietà ”.
In un’intervista all’Unione Sarda, Saba, ex ordinario di Anestesiologia e rianimazione all’Università di Cagliari prima e poi alla Sapienza di Roma, dice:
“Non è anestesia letale ma dolce morte. L’ho favorita ogni volta che mi è stato possibile, almeno un centinaio nella mia carriera. L’ho fatta anche per mio padre e mia sorella“.
Poi racconta:
“Avevo un amico ricoverato: blocco renale e convulsioni. Il collega che lo seguiva mi ha chiesto: che facciamo? Ho risposto: io gli darei un Talofen. È un farmaco che, ad alto dosaggio, blocca la respirazione. Tecnicamente è un ganglioplegico. Credo gliel’abbiano dato, il Talofen. Il giorno dopo era in obitorio“.
“Ho aiutato i malati quando era necessario, quando te lo chiedono e quando tu, nella veste di medico, ti rendi conto che hanno ragione. Che senso ha prolungare un’agonia, assistere allo strazio di dolori insopportabili che non porteranno mai a una guarigione? Non ho nulla di rimproverare a me stesso. L’ho sempre fatto di fronte a situazioni che non avevano altra via d’uscita”.