Antonio Lamorte, Marco Pignatelli e Giovanni Barozzino (ora senatore di Sel) furono citati in giudizio dalla Procura di Melfi (Potenza) per aver bloccato i carrelli robotizzati che rifornivano le linee dello stabilimento la notte fra l 6 e il 7 luglio 20101, durante uno sciopero notturno.
Barozzino, Lamorte e Pignatelli erano accusati di concorso in violenza privata e turbata libertà dell’industria. I tre operai (Barozzino e Lamorte facevano parte della Rsu-Fiom) furono licenziati dalla Fiat e la vicenda scatenò proteste e polemiche.
Secondo quanto riferito dal legale, la Corte di Cassazione non ha ritenuto volontario o premeditato il blocco della produzione: i tre operai – due dei quali delegati Fiom – avrebbero quindi interrotto casualmente i carrelli adibiti al trasporto del materiale alle linee di produzione.
”Si tratta di una sentenza storica – ha detto De Nicola – per la Fiom e per i tre operai, e ora ci aspettiamo che la Fiat rispetti le sentenze, reintegrando i lavoratori, e ripristinando il confronto sindacale”. Circa un mese dopo il licenziamento dei tre operai, nel 2010, il giudice del lavoro giudicò antisindacale il comportamento dell’azienda e ordinò il loro reintegro. A luglio 2011 la sentenza fu però ribaltata: un altro giudice accolse il ricorso della Fiat e i tre furono licenziati. La Corte d’Appello, lo scorso anno, ha però dato ragione alla Fiom. La vicenda ha avuto, a giugno, uno sviluppo ulteriore, con la citazione in giudizio della Procura della Repubblica di Melfi di Barozzino, Lamorte e Pignatelli, con l’accusa di concorso in violenza privata e turbata libertà dell’industria: ”Con questa decisione anche il rinvio a giudizio è caduto – ha concluso De Nicola – perchè si reggeva, come stabilito dalla Cassazione, su un castello di sabbia”. Alberto