Fiat, Cassazione: “Reintegrate Lamorte, Pignatelli e Barozzino”

POTENZA – La sezione lavoro della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della Fiat contro la decisione della Corte di Appello di Potenza che, nel 2012, reintegrò tre operai della Sata di Melfi (Potenza) licenziati dopo che, durante uno sciopero interno notturno, bloccarono un carrello per il trasferimento di materiali a chi non scioperava.

Antonio Lamorte, Marco Pignatelli e Giovanni Barozzino (ora senatore di Sel) furono citati in giudizio dalla Procura di Melfi (Potenza) per aver bloccato i carrelli robotizzati che rifornivano le linee dello stabilimento la notte fra l 6 e il 7 luglio 20101, durante uno sciopero notturno. 

Barozzino, Lamorte e Pignatelli erano accusati di concorso in violenza privata e turbata libertà dell’industria. I tre operai (Barozzino e Lamorte facevano parte della Rsu-Fiom) furono licenziati dalla Fiat e la vicenda scatenò proteste e polemiche.

Secondo quanto riferito dal legale, la Corte di Cassazione non ha ritenuto volontario o premeditato il blocco della produzione: i tre operai – due dei quali delegati Fiom – avrebbero quindi interrotto casualmente i carrelli adibiti al trasporto del materiale alle linee di produzione.

”Si tratta di una sentenza storica – ha detto De Nicola – per la Fiom e per i tre operai, e ora ci aspettiamo che la Fiat rispetti le sentenze, reintegrando i lavoratori, e ripristinando il confronto sindacale”.    Circa un mese dopo il licenziamento dei tre operai, nel 2010, il giudice del lavoro giudicò antisindacale il comportamento dell’azienda e ordinò il loro reintegro. A luglio 2011 la sentenza fu però ribaltata: un altro giudice accolse il ricorso della Fiat e i tre furono licenziati. La Corte d’Appello, lo scorso anno, ha però dato ragione alla Fiom. La vicenda ha avuto, a giugno, uno sviluppo ulteriore, con la citazione in giudizio della Procura della Repubblica di Melfi di Barozzino, Lamorte e Pignatelli, con l’accusa di concorso in violenza privata e turbata libertà dell’industria: ”Con questa decisione anche il rinvio a giudizio è caduto – ha concluso De Nicola – perchè si reggeva, come stabilito dalla Cassazione, su un castello di sabbia”. Alberto

Published by
Gianluca Pace