SORIANO (VIBO VALENTIA) – Morto al posto di un altro, al posto di un suo amico. E’ finita così la vita di Filippo Ceravolo, 19 anni, di Soriano (Vibo Valentia). La sera di giovedì 25 ottobre stava tornando a casa insieme ad un amico, Domenico Tassone, quando l’auto è stata investita dai colpi di un fucile a pallettoni.
Filippo, racconta il Corriere della Sera, viaggiava sul sedile del passeggero, ma viene ucciso da due colpi. Domenico, che guidava l’auto, si ferisce solo al braccio. Il corpo di Filippo viene ritrovato riverso sulla strada sul ciglio della scarpata in cui è precipitata la Punto.
Eppure, sottolinea il Corriere della Sera, il vero obiettivo dei killer era Domenico. Il Corriere riporta quanto risulterebbe dai mattinali di questura: Domenico, scrive il quotidiano,
era noto alle forze dell’ordine, reati di poco conto, ma soprattutto è parente del boss Bruno Emanuele, protagonista della faida di ‘ndrangheta che da anni insanguina il vibonese. Quest’estate hanno ammazzato una persona sulla spiaggia, rincorrendola tra gli ombrelloni. Sai quanto gliene importa, a gente così, di un errore di mira, di uno scambio di persona. Inconvenienti del mestiere.
Ma la storia di Filippo non finisce con la sua morte. La storia sua si incrocia a quella della sua terra anche nei funerali: sul feretro l’unica corona è stata quella dei venditori ambulanti colleghi del padre. I tifosi della Juventus gli hanno dedicato uno striscione, qualche giornale ha riportato la notizia. Ma per lui nessuna fiaccolata.
Chiedi chi era Filippo Ceravolo, e ti risponderanno che della Calabria non importa niente a nessuno.