ROMA – Ieri erano le protesi al seno, “marce” al punto da poter provocare un cancro. Oggi sono i filler, le sostanze iniettate sotto pelle per spianare rughe e rimodellare le labbra. Gli esperti inglesi sono pronti a scommettere che dopo le protesi saranno proprie le sostanze dei filler a finire sotto accusa, un business con poche regole, che prevede nuove sostanze ogni due o tre mesi. Il numero di prodotti sul mercato è considerevole: 160 nel Regno Unito, 137 in Italia. “Finisce che ci sono sostanze di produttori più piccoli e meno seri che possono dare problemi, come infiammazioni o infezioni”, spiega Francesco D’Andrea della società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica.
In Italia queste sostanze vengono iniettate esclusivamente in studi privati e non esiste un registro dei pazienti e delle strutture che le utilizzano. Praticamente, quello che è successo in Francia con le protesi “marce”. “Bisogna che i pazienti – continua D’Andrea – chiedano ai medici i tagliandi di tracciabilità e li conservino. In generale dobbiamo mettere mano a tutto il settore. Non ci dimentichiamo che esiste anche un mercato parallelo alimentato da internet”.