ROMA – Se non basteranno le “buone”, ovvero la soluzione rapida auspicata dal premier Mario Monti, allora Finmeccanica proverà con le “cattive”, ovvero con il ritiro delle deleghe. In ballo c’è la questione delle dimissioni dell’attuale presidente del gruppo, Pier Francesco Guarguaglini, indagato per frode fiscale e accusato anche di essere coinvolto in un giro di fondi neri per il finanziamento illecito di politici.
Di dimissioni, però, Guarguaglini non vuole sentir parlare, nonostante la pressione del nuovo presidente del Consiglio. Allora, scrive Paola Pica sul Corriere della Sera, nel consiglio in programma per la prossima settimana si cercherà di forzare la situazione usando la leva del ritiro delle deleghe.
La stessa Finmeccanica spiega che, in effetti, oggetto del consiglio sarà “la revisione delle deleghe e il conferimento dei poteri secondo la delibera del 4 maggio 2011. Deliberazioni inerenti e conseguenti”. Ma, scrive Pica, “tra le «misure adeguate» (secondo l’espressione usata dal consigliere leghista Dario Galli) che giovedì prossimo il board potrebbe assumere, resta in pista anche l’ipotesi più drastica di provocare la caduta dell’intero consiglio. Bastano le dimissioni di un terzo dei componenti per raggiungere l’obiettivo e sono quattro, su dodici, i rappresentanti dell’azionista pubblico, il ministero del Tesoro guidato ad interim dal premier Monti, in possesso di poco più del 30% della società. La conseguenza diretta sarebbe l’assemblea per l’elezione di un nuovo consiglio”.
Guarguaglini, per ora, ha scelto la linea del no comment. Il Tg1 l’ha intervistato ma il presidente si è limitato a un “siccome qualunque cosa io dico viene interpretata, posso solo confermare che la prossima settimana c’è un consiglio d’amministrazione. Per il resto preferisco stare zitto”.