“Il narcotraffico lo combatteva e non lo promuoveva. E poi non era a capo di alcuna associazione e non aveva nemmeno bisogno di avere visibilità”. Questo in sostanza era il cuore del primo capitolo dell’arringa della difesa del generale Giampaolo Ganzer, comandante del Ros condannato a 14 anni di carcere, e uno dei principali imputati a Milano al processo su illeciti commessi nelle operazioni antidroga sotto copertura condotte tra il 1991 e il 1997.
Illeciti attribuiti dalle indagini a un piccolo gruppo all’interno del reparto speciale dei carabinieri che l’alto ufficiale, per cui mesi fa la Procura ha chiesto 27 anni di carcere, avrebbe “diretto e organizzato”. La mattina del 14 maggio 2010, dopo che nelle scorse settimane parlarono le difese degli altri imputati, è toccato all’avvocato Tiburzio De Zuani che insieme al figlio Armando assiste il generale, accusato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti con l’aggravante dell’uso delle armi e del numero dei componenti.
Un traffico che sarebbe stato creato con lo scopo di reprimerlo, “strumentalizzando” le risorse dell’Arma ed anche quelle giuridiche, con lo scopo di arricchirsi e di “conseguire visibilità e successo”. Prima di tutto il legale ha fatto “una cornice e una premessa” le quali non possono che “far sorgere dubbi” sull’esistenza di quell’associazione contestata al comandante del Ros che, come sempre, era in aula ad ascoltare.
A qualche giornalista che l’ha avvicinato si è limitato a ripetere quel che aveva detto il giorno in cui il pm Luisa Zanetti aveva chiesto per lui una pena molto severa: “Continuo con la massima serenità ed impegno a fare il mio lavoro”. Il difensore, nel cercare di smontare la tesi accusatoria ha sostenuto che il reato associativo, non è stato dimostrato: “E’ il filo rosso che lega tutte le operazioni contestate, ma senza quel filo rosso tutto finisce per sfumare”. E ancora “é un’associazione strana, che secondo il capo di imputazione nasce nel ’91, muta la composizione nel 1992, l’anno dopo vede un ricambio dei protagonisti e nella quale, nel 1994 entrerebbe l’allora colonnello Ganzer. Ma non si è data mai spiegazione – ha proseguito – del come e del perché farebbe parte di questa associazione, i motivi sono rimasti nel vago e nel dubbio'”.
Per ribadire l’estraneità del comandante del Ros ai fatti al centro dell’inchiesta, oltre ad affermare che “le associazioni di narcotrafficanti sono sempre state combattute da Ganzer”, ha citato le operazioni condotte dal reparto speciale dei carabinieri sotto la sua guida (a partire dal quella chiamata ‘Pilota’, la prima delle l’attività sotto copertura) messe a segno in contemporanea a quelle contestate ma ritenute di livello di gran lunga superiore. Inoltre ha snocciolato i dati di contrasto alla criminalità organizzata e al traffico internazionale di droga svolta dal Ros dall’inizio del processo (nel 2005) ad oggi, con 56 latitanti arrestati di cui 12 dei 30 maggiormente pericolosi, quasi 2 miliardi e mezzo di euro e poco meno di 15 tonnellate, tra beni e sostanze stupefacenti sequestrati.
Tutto ciò per sottolineare come il generale “non aveva bisogno di visibilità e successo” e come non esiste “compatibilità” tra i fini ipotizzati dal pm (guadagno e avanzamenti in carriera) e “il danno che avrebbero arrecato” le presunte attività illecite, in quanto “che della gente del mestiere” rischi pene elevate “mi sembra difficile da digerire”.
Gli “infiltrati sotto copertura”, tutta una serie di ”attività strumentali” alle indagini contro il narco-traffico e poi il contrasto al riciclaggio del denaro “sporco”. E’ il metodo di lavoro del comandante del Ros dei carabinieri Giampaolo Ganzer. Un modus operandi che il generale ha voluto rivendicò lo scorso 5 luglio davanti ai giudici di Milano, prima che si ritirassero in camera di consiglio.
Per il pm Luisa Zanetti, il comandante meritava una condanna a 27 anni di carcere, come l’ex colonnello del Ros Mauro Obinu (ora all’Aise), ritenuto anch’egli ”promotore e organizzatore” dell’ associazione per delinquere.
Tra il ’91 e il ’97, secondo l’ accusa, il gruppo avrebbe creato ad arte dei traffici di droga, per poi reprimerli, arricchirsi e acquisire successi sul campo. ”Questo processo ha danneggiato la mia carriera, impedendomi di raggiungere i vertici dell’Arma”, spiegò Ganzer, con dichiarazioni spontanee. ”Ma non me ne sono mai rammaricato – aggiunse – perchè sono stato gratificato dal prestare servizio per 35 anni nei reparti operativi dei Carabinieri, privilegio che mi ripaga delle difficoltà e delle amarezze”. Quindi ha sottolineò di non avere ”nulla da nascondere. Poi la sentenza ed i 14 anni di carcere.