Si chiama “Leonina Societas” l’operazione che ha portato in carcere sette esponenti di Cosa Nostra che avevano, tra l’altro, l’obiettivo di far fruttare la presunta amicizia di un boss con il dirigente della Juventus Roberto Bettega per creare una joint-venture tra la squadra di calcio locale e i bianconeri.
I sette, fermati dalla squadra mobile di Gela, sono i mandanti ed esecutori dell’agguato, avvenuto nel settembre 1998, contro l’allora presidende della locale squadra di calcio, l’ingegner Fabrizio Lisciandra. I fermati devono rispondere, a vario titolo, di associazione mafiosa, tentato omicidio, estorsioni, tentate estorsioni, danneggiamenti e rapina. Tra i sette c’è anche un medico, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Gli ordini di custodia cautelare in carcere sono stati emessi dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Caltanissetta, Gianbattista Tona, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia nissena. Alcuni degli imputati avrebbero anche aggredito, picchiato e rapinato di 15 milioni di vecchie lire un imprenditore.
Cosa nostra gelese 12 anni fa aveva avviato la sua penetrazione nel mondo dello sport e in quello degli appalti nel petrolchimico dell’Eni attraverso il tentativo di controllare la locale squadra di calcio e il Cns, uno dei consorzi facenti capo alla Lega delle Cooperative, che fungeva da ‘centro servizi’ e raggruppava alcune imprese e società della cooperazione che operavano nello stabilimento.
Il suo presidente dell’epoca, Fabrizio Lisciandra, che era anche consigliere comunale e massimo dirigente della Juveterranova, squadra di serie C2, si rifiutò di dimettersi e di collaborare con il boss Daniele Emmanuello. Per questo motivo il capomafia, d’intesa con due faccendieri della cosca mafiosa, diede l’ordine di ucciderlo. L’omicidio però non riuscì: nell’agguato davanti allo stadio comunale l’arma del killer si inceppò dopo il primo colpo e Lisciandra se la cavò con una ferita ad una gamba.
Gli esponenti mafiosi intendevano anche mettere le mani sugli appalti legati all’indotto della raffinera e sulla squadra di calcio di Gela, all’epoca chiamata Juveterranova. A questo scopo i boss avevano progettato di uccidere l’imprenditore Fabrizio Lisciandra che si era opposto a tali piani. Dalle indagini è emerso che il dirigente del club bianconero chiamato in causa era Roberto Bettega: a vantarsi di questa amicizia erano i fratelli Sciascia e il medico Giuseppe Alabiso, tra gli arrestati di oggi.
A rivelarlo alla polizia sarebbe stato Lisciandra quando decise di collaborare con gli inquirenti. “Questa operazione dimostra che la mafia non è un’associazione di pecorai che mangiano nelle campagne cicoria e altre verdure, ma che è in grado di penetrare sul territorio per accaparrarsi appalti e cercare consenso sociale”, ha detto il procuratore aggiunto di Caltanissetta Sergio Lari. Per il questore Guido Marino, è stato dimostrato “che ci sono delle persone che, pur non essendo affiliate, sono disponibili a collaborare con la mafia. A distanza di 12 anni nessun fascicolo va in archivio”.