
GENOVA – Un bambino autistico di 9 anni รจ stato costretto a cambiare scuola a Genova: i genitori dei suoi compagni di classe non volevano che si occupassero di lui (insieme a docenti di sostegno) perchรฉ la ritenevano una responsabilitร troppo grossa per dei bambini di quell’etร . Alessandro Ponte sul Secolo XIX racconta questa storia, utilizzando un nome di fantasia (Matteo) per parlare del piccolo.
Questo avrebbero detto in una lettera i genitori dei suoi compagni di classe:
ยซI nostri figli non sono badanti o medicine. I nostri figli sono troppo piccoli, non possono stare vicini a lui…ยป.
Ponte racconta tutta la storia:
Lโisolamento che i genitori degli altri alunni hanno creato intorno a lui e alla sua famiglia, hanno costretto suo papร e sua mamma a fargli cambiare scuola. ยซNon potevo permettere altre umiliazioni a mio figlio e nemmeno noi le meritiamo – dice adesso il papร di Matteo, che fa lโoperaio – Abbiamo deciso di cambiare scuola tra enormi difficoltร . Questa storia, perรฒ, va chiarita. Per mio figlio, per noi e per chi si trova nelle nostre stesse condizioniยป.
La storia di Matteo in questa scuola del ponente cittadino, comincia tre anni fa. Il piccolo รจ iscritto in prima elementare. ยซI suoi compagni gli erano tutti affezionati, lo dico sinceramente – spiega il padre – Poi qualcosa รจ cambiatoยป. Convivere con Matteo non รจ semplice, ma nemmeno impossibile. Il bimbo, come tutti i suoi compagni, ha sentimenti, emozioni, stati dโanimo. Ma la sua disabilitร non gli permette di comunicarlo come gli altri. Ci sono momenti buoni, dove tutto sembra tranquillo. Poi altri, piรน difficili da gestire. Matteo afferra degli zaini e li lancia in aria. Oppure abbraccia un suo compagno, ma troppo energicamente. Qualche volta dice delle parolacce. Matteo poi si affeziona a qualche compagno di piรน che a qualcun altro. Lo fanno tutti i bambini. Lui perรฒ non sa gestire le sue emozioni, le comunica in modo diverso dai suoi amichetti. Non ha scelto di essere cosรฌ.
ร per quei momenti difficili che nasce la โstanza bluโ. ร lโaula di sostegno. A battezzarla cosรฌ รจ stato lo stesso Matteo. Vuol dire che gli piace quel nome. Il bimbo, quando la situazione lo richiede, viene portato lรฌ, dove ci sono i suoi giochi, un computer con attivitร scelte apposta per lui. Non viene lasciato solo, perรฒ. Intanto cโรจ sempre unโinsegnante di sostegno, poi a turno, vengono scelti alcuni compagni per andare con lui. Per non farlo sentire solo, diverso.
ยซร qui che sono iniziati i problemi – sottolinea il padre – Al primo anno spesso accadeva che lโinsegnate di sostegno che per piรน tempo stava insieme a mio figlio si assentasse. Questo provocava in lui delle insicurezze. Abbiamo chiesto alla scuola di provvedere, tentando di lasciare mio figlio con un punto di riferimento che non cambiasse ogni volta. Tra lโaltro, Matteo, รจ seguito da un centro specializzato. Abbiamo studiato strategie per il suo inserimento nella classe che, a volte, non erano quelle pensate dalla scuola. Ma i nostri appelli sono rimasti tali. Abbiamo anche scritto al provveditorato, che ha chiamato la scuolaยป.
