Gli abusi avvenivano nello stesso commissariato (non specificato in sentenza) dove i due agenti – Adriano C. 39 anni e Marco T. 40 anni – prestavano servizio. Senza successo i due imputati hanno fatto ricorso alla Suprema corte, protestando anche per l’eccessiva, a loro dire, asprezza della pena, inflitta loro nel 2009 dalla Corte d’appello di Genova.
Ma i Supremi giudici hanno risposto che la condanna è motivata dalla “gravità oggettiva dei fatti per avere i due agenti approfittato della loro posizione autoritaria e violato i relativi obblighi di tutela della legalità, per abusare della condizione di soggetti deboli (commettendo i delitti nella sede istituzionale dove lavoravano)”.
Inoltre, i Supremi giudici (sentenza 19919) hanno confermato il diniego delle attenuanti generiche per lo scorretto comportamento processuale dei due imputati, che sono “pesantemente intervenuti su alcuni testi, istigandoli a mentire”.