GENOVA, 17 DIC – Non chiamatela festa, perche' in via Fereggiano, nel quartiere di Genova Marassi massacrato dall'alluvione del 4 novembre scorso, il Natale non sara' una festa.
Nonostante le luminarie che il Municipio della Bassa val Bisagno ha promesso di mettere giu', ai piedi di via Fereggiano, nonostante la kermesse destinata a raccogliere fondi con concerti e performance teatrali promosse dai comitati di quartiere, nonostante gli sforzi dei pochi commercianti che hanno avuto il coraggio di attaccare qualche addobbo colorato alle vetrine, il profumo della festa non scaccia l'odore del fango.
Sono passati 45 giorni da che questo fiumiciattolo senza storia e' diventato un mostro di acqua e terra che ha divorato sei persone prima di abbattersi sul quartiere. Quarantacinque giorni dopo quell'inferno e' davvero quasi Natale ma, dice Iolanda che vive qui e il 4 novembre se lo ricorda bene, ''mica c'e' voglia di fare festa. Se non fosse per i bambini, lasceremmo perdere. Non abbiamo granche' da festeggiare''. In fondo alla strada, prima di cominciare ad arrampicarsi, alcuni negozi hanno riaperto. Nel piccolo bar, dove i pensionati giocano a carte, sono apparse le sfere colorate e i rami di abete. Ma sui muri della strada ancora fa mostra di se' la linea scura dell'onda di fango che quel giorno si e' abbattuta su Marassi, gli schizzi, le impronte delle mani. ''Non abbiamo piu' niente'': Anna, giovane madre, si porta Niccolo' in una specie di port-enfant improvvisato. Il passeggino e' sparito nel fango e soldi per comprarne un altro non ci sono. ''Abbiamo perso tutto. Come si fa a pensare al Natale?''.
E Renato che esce di mattina a portare a spasso il cagnetto Cirillo ricorda l'ultimo Natale a casa dei suoi: ''Se dovessi sperare in un regalo sotto l'albero, chiederei che chi ci governa abbia piu' cura dei cittadini. Che ci sia piu' controllo per evitare se possibile quanto e' successo''. Cirillo guarda il padrone: anche lui, racconta Renato, quel giorno se l'e' vista brutta. Era fuori da solo quando e' arrivata l'onda di fango e per un pelo e' riuscito a scappare. Piu' che ricordi, incubi.
Non sara' Natale, per questo quartiere: anche se ''e' necessario tirarsi su per i figli – ha detto Rina che gestisce la pasticceria della piazza -, bisogna rimboccarsi le maniche e andare avanti. Natale sara' triste, ma dev'essere Natale, almeno per i bambini''.
Sulle palazzine piu' alte spuntano uno-due pupazzi di Babbo Natale e c'e' anche qualche lucina. Ma e' l'atmosfera che non c'e' perche' non c'e' gioia. E festa non sara', nemmeno quella organizzata dal Municipio con i Civ e alcune associazioni: il concerto nella palestra per ringraziare i ragazzi che a migliaia sono venuti a spalare fango, gli artisti emergenti in piazza per una serata di rock. Tutto per raccogliere i soldi e consentire alla gente del Fereggiano di ripartire anche costituendo un fondo per le fidejussioni bancarie. Ricordare per ripartire, e ripartire dal Natale, se e' vero che questo giorno e' di per se' giorno di speranza.