Un viaggio che si è trasformato in una “odissea”, quello che quattorcento studenti, più alcuni lavoratori e pensionati della Lombardia, hanno dovuto affrontare sul Treno della Memoria diretto ad Auschwitz e Birkenau, organizzato per il sesto anno da Cgil e Cisl lombarde.
Il ritorno parte da Cracovia con un “meno 16 gradi” con due carrozze, già gelate nel viaggio di andata, ibernate.
Negli scompartimenti riscaldati tutti quanti si stringono e fanno spazio ai compagni provenienti dalle carrozze gelate, e mentre gli studenti si danno da fare aiutando a spostare bagagli e coperte e a distribuire i guanciali e le lenzuola usa-e-getta messi a disposizione da Trenitalia, ecco che il treno, undici carrozze, si blocca ancora.
Una interminabile sosta a Polov, nel gelo della Slovacchia: fuori meno venti, forse meno venticinque. Nelle carrozze “impossibili”, comunque, “meno 18”.
Si mobilitano segreterie nazionali di Cgil e Cisl, l’ad di Fs Mauro Moretti che ha pur sempre un passato in Cgil e persino la Farnesina e la Regione Lombardia.
«Ma ciò che abbiamo visto e provato è più forte» ripetono tutti, e non è retorica.
Il medico del treno, dottor Virgilio Cruccu dell’ospedale Sacco di Milano, e le infermiere Amalia e Manuela hanno da fare solo per due piccolezze, dovute al freddo, ma che vengono presto risolte.
Si riparte e all’alba si fa conto alla rovescia verso Tarvisio: qui al treno della Memoria vengono aggiunte due carrozze calde, un manipolo di ferrovieri, un profluvio di merendine, mentre al bar caffè e cappuccini restano gratis.
«Mea culpa» dice Trenitalia, che si scusa e indica anche nell’inadeguatezza di mezzi e reti polacchi e cechi almeno parte della responsabilità.