IL CAIRO – Il pc e l’iPad di Giulio Regeni sono scomparsi. Dalla casa al Cairo del ricercatore friulano trovato morto manca anche il telefono cellulare. Continua il mistero attorno alla morte di Giulio, il ragazzo 28enne di cui prima si erano perse le tracce in Egitto e del quale poi è stato trovato il cadavere. Mentre l’Egitto respinge le accuse di tortura (“non lo abbiamo mai arrestato”), dalla stampa internazionale emergono dettagli agghiaccianti (“orecchie mozzate e unghie strappate”) e adesso anche questo piccolo mistero.
Ne parla Cristiana Mangani sul Messaggero:
Erano in quattro: Amr Assad, Noura Whaby e due italiani. Uno di loro, Gennaro, vive da molto tempo al Cairo, dove insegna Scienze politiche all’università britannica. È lui che doveva incontrare Regeni la sera del 25 gennaio, ed è lui che ha raccontato di averne perse le tracce 25 minuti dopo l’ultima telefonata e che, preoccupato per il ritardo, ha telefonato a Noura.
«Il telefonino di Giulio ha squillato a vuoto per un po’, poi niente più, staccato», ha ripetuto per l’ennesima volta. Ma gli inquirenti insistono, perché cercano tracce per il delitto proprio tra quelle conoscenze, quei legami con gli ambienti sindacali egiziani ed esteri, che il giovane italiano aveva alimentato per la sua tesina universitaria e che potrebbero avergli fatto incontrare qualcuno che lo ha “venduto” agli apparati paramilitari o agli stessi servizi segreti. Qualche informatore infiltrato che potrebbe aver raccontato chissà quale storia di spie e tradimenti. O anche – è un sospetto che prende forma – potrebbe con i suoi articoli e con le interviste aver dato fastidio alla persona sbagliata.
Proprio per questo la ricostruzione della rete di rapporti e di amicizie è ritenuta fondamentale, ma si basa principalmente sul tabulato del cellulare di Giulio, che non è stato trovato, o che comunque non è stato consegnato ai nostri investigatori. Perché – altro mistero – nell’appartamento dove il giovane viveva nel quartiere residenziale di al Dokki non ci sono più tracce del suo computer e, probabilmente, anche di un Ipad. È nelle mani della polizia egiziana? Li aveva con sé la sera della scomparsa? Difficile immaginare che non ne possedesse almeno uno. Tanto che tra le richieste dei sette esperti italiani c’è anche quella di poterlo visionare ma, al momento, non hanno ottenuto riposta dalle autorità locali.