ROMA – Giulio Regeni “ucciso da professionisti della tortura”. Questa l’unica certezza della procura di Roma che indaga sull’omicidio di Giulio Regeni avvenuto in Egitto lo scorso gennaio. Sarebbero quindi almeno per ora da escludere, secondo gli inquirenti, tutte quelle ipotesi circolate filtrate nelle ultime settimane dall’Egitto secondo cui Giulio Regeni sarebbe stato ucciso da criminali di strada o per una questione legata ai rapporti intrattenuti dal giovane nel quartiere del Cairo in cui viveva. Non si tratta, quindi, un fatto di sangue legato a droga(dall’autopsia non è emersa alcuna traccia di sostanze stupefacenti), ad una rapina o ad un fatto passionale.
Giulio Regeni, hanno inoltre accertato gli inquirenti, conduceva una vita ritirata, era molto legato alla fidanzata e non consumava droga. Lo stato in cui è stato rinvenuto il corpo del ragazzo, stando a quanto si apprende, fa propendere chi indaga per l’ipotesi che ad ucciderlo siano state persone esperte in torture e crudeltà. Dall’esame del computer di Regeni, e anche dal resto dell’attività istruttoria, non emergono legami di Giulio Regeni con servizi segreti. L’inchiesta, secondo quanto si è appreso, avrebbe inoltre evidenziato che Regeni non aveva avuto contatti con persone equivoche e tantomeno che i dati raccolti nell’ambito delle sue ricerche siano uscite fuori dall’ambito universitario.
Secondo quanto si apprende, inoltre, non risultano schedature fatte in Egitto, anche se l’episodio di una foto scattata da uno sconosciuto durante l’assemblea di un sindacato indipendente aveva turbato il ricercatore universitario. Qualche elemento in più potrebbe arrivare al pm Sergio Colaiocco la prossima settima quando il medico legale Vittorio Fineschi depositerà i risultati definitivi dell’autopsia.