Giuseppe Grossi resta in carcere: potrebbe ripetere gli illeciti

Giuseppe Grossi, il “re delle bonifiche” arrestato  per corruzione, appropriazione indebita e frode fiscale resta in carcere. Il tribunale del Riesame, infatti, ha rifiutato la scarcerazione, affermando che l’imprenditore sarebbe  il «principale beneficiario della complessa macchinazione ille­cita ordita avvalendosi di strutture societarie, professio­nisti, collaboratori e dipen­denti compensati per il loro apporto all’illecito».

Al centro dell’indagine sono soprattutto i famosi orologi di Grossi. Beni per cui il re delle bonifiche, negli ultimi anni, ha speso oltre 6 milioni di euro e che,  Grossi regalava a misteriosi destinatari di cui appuntava soprannomi o iniziali su una sua agenda privata.

Il sospetto dei pm Laura Pedio e Gaetano Ruta è che gli orologi servissero ad ammorbidire politici e amministratori locali. Una teoria corroborata dall’ingresso nell’inchiesta sulla bonifica dell’area milanese Montecity-Santa Giulia dell’ex assessore provincia­le del Pdl di Pavia Rosanna Ga­riboldi.

Grossi, in ogni caso, i nomi dei politici non è intenzionato a farli e si è limitato a dire, che gli orologi ii col­leziona «da più di 30 anni». Alla base della mancata scarcerazione, però, non c’è la faccenda degli orologi ai politici. Il tribunale del Riesame, infatti, hanno sottolineato che  la loro decisione «non può riguarda­re reati diversi ed ulteriori ri­spetto a quelli per i quali è sta­ta applicata la custodia caute­lare».

Insomma, l’eventuale coinvolgimento dei politici non c’entra e il re delle bonifiche resta agli arresti, per il momento, perché ha dimostrato di esse­re capace di condotte «volte al­la creazione e interposizione di complessi e numerosi scher­mi societari in diverse parti del mondo, nonché all’apertu­ra di conti su diverse banche estere, intestati ad una plurali­tà di persone diverse che obbe­divano pedissequamente ai suoi ordini». In parole povere, rischio di inquinamento delle prove e reiterazione del reato.

Come se non bastasse, secondo il tribunale, Grossi continua «a non percepire nep­pure il disvalore penale delle condotte che egli ha sistematicamente commesso e che ha di­mostrato in concreto di voler continuare a commettere, in­tendendole come normale co­rollario della sua attività».

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Emiliano Condò