Arriva il primo avviso di garanzia per la nuova inchiesta condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo sul “papello” consegnato da Massimo Ciancimino ai magistrati della procura della Repubblica di Palermo.Il documento conferma l’esistenza di richieste provenienti dai vertici mafiosi in cambio di una tregua dalla stagione stragista del 1992.
Antonino Cinà, boss e medico di Totò Riina e Bernardo Provenzano, è accusato di aver consegnato personalmente il papello a Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo appartenente alla Democrazia Cristiana e membro di Cosa Nostra. Accusato di violenza e minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario, già nel 1993 Cinà era stato indagato per lo stesso reato a seguito delle dichiarazioni di Vito Ciancimino, oggi confermate anche dal figlio Massimo.
Nel papello si leggono a chiare lettere le dodici richieste mafiose avanzate alle istituzioni italiane dopo le stragi di Capaci, Via d’Amelio, e poi Roma, Firenze e Milano, che miravano a destabilizzare l’Italia. Ed accanto all’elenco principale varie modifiche dell’originale, proposte dai Corleonesi nella persona dello stesso don Vito e consegnate all’allora colonnello del Ros Mario Mori.
Le pretese vanno dall’abolizione del 416 bis – il reato di associazione mafiosa – all’idea di far intervenire la Corte di Strasburgo sul maxi processo; dalla riforma della giustizia all’americana, all’abolizione del carcere duro previsto dal 41 bis per gli imputati di mafia che hanno compiuto 70 anni, fino ad arrivare alla defiscalizzazione della benzina per gli abitanti della regione Sicilia.
Nell’inchiesta attuale, a differenza del 1993, nella trattativa mafia-stato spuntano anche “altri nomi, sia di esponenti di vertice di Cosa nostra, che di pubblici ufficiali, i quali hanno agito con abuso di poteri e con violazioni dei doveri inerenti una pubblica funzione”. Dunque nel fascicolo ci sono nuovi indagati dai nomi eccellenti, su cui però vige il più stretto riserbo della Procura.
*Scuola di Giornalismo Luiss
