Il giudice Rita Sanlorenzo: “Nuovo articolo 18 avallo dei licenziamenti arbitrari”

ROMA, 23 MAR – La riforma dell'articolo 18 e' di fatto ''l'avallo del licenziamento sostanzialmente arbitrario'', ''un segnale forte'' alle imprese a sentirsi libere dai vincoli dell'articolo 41 della Costituzione, il cui significato viene ''stravolto''. Invece di ''sanzionare l'illegalita', la si incentiva'' e questa e' una scelta ''in forte controtendenza con l'immagine di un governo che parla di rispetto delle regole''.

E' drastico il giudizio di Rita Sanlorenzo, da 20 anni giudice del lavoro, attualmente alla Corte d'appello di Torino, che spiega come il problema non e' solo il venir meno del diritto a riavere il proprio posto di lavoro: un lavoratore che sa che se si lamenta rischia il licenziamento, rinuncia a far valere tutti gli altri suoi diritti. Per questo la riforma ''e' davvero l'abbandono della frontiera della difesa della dignita' del lavoratore, che la Costituzione afferma e prevede''. Quanto all'esclusione degli statali dall'applicazione della normativa, e' un ''pasticcio tecnico'' che pone ''dubbi di legittimita' costituzionale''.

''C'e' un aspetto di cui nessuno parla – fa notare Sanlorenzo, esponente di Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe, di cui e' stata segretario -. Lo slogan usato per la riforma e' che i licenziamenti non saranno piu' facili, ma non e' cosi': i presupposti, giusta causa o giustificato motivo, restano gli stessi; invece si alleggeriscono le conseguenze della violazione della legge, rendendo economicamente piu' leggere le sanzioni al datore di lavoro che licenzia arbitrariamente''. Insomma anziche' ''sanzionare l'illegalita', con questa riforma la si rende meno grave e cosi' si finisce per incentivarla''.

E ''suona quasi come una beffa – prosegue il magistrato – sostenere che si combatte il precariato, visto che la forma ordinaria di lavoro diventa il contratto a tempo indeterminato; perche' questo contratto non e' piu' quello di prima, e' precarizzato, considerato che il dipendente non avra' piu' il diritto a mantenere il suo posto di lavoro''. Con tutto quello che ne consegue: ''le cause di impugnazione dell'articolo 18 sono al massimo il 10 per cento, ma la norma e' il baluardo dietro il quale far valere tutti i diritti sindacali e individuali. E solo chi puo' contare sulla stabilita' del posto di lavoro rivendica i suoi diritti, perche' non ti lamenti del datore di lavoro se sai che puo' farti licenziare. Non c'e' nulla di ideologico, e' la mia esperienza di giudice''. Il messaggio e' chiaro: dal governo arriva ''un segnale forte alle imprese che possono sentirsi svincolate dai limiti che la Costituzione prevede all'articolo 41, secondo comma, cioe' che l'iniziativa economica privata non puo' essere in contrasto con l'utilita' sociale. Da Berlusconi questo articolo era stato definito norma sovietica. Mi sembra che la riforma ne stravolga il significato, riducendone la portata''.

E se ora ci vogliono 10 anni per sapere se un licenziamento e' illegittimo, la situazione non e' destinata a migliorare, tutt'altro: ''sono spariti gli auspicabili interventi sul processo del lavoro, e ora si aprira' un grande e complicato contenzioso, tutto in salita per il lavoratore''. E a creare confusione, potrebbe essere anche l'intenzione del governo di escludere dalla riforma gli statali:''l'articolo 18 si applica anche all'impiego pubblico privatizzato. Modificare questa norma, applicando invece al settore pubblico il vecchio testo, e' un pasticcio dal punto di vista tecnico, e pone dubbi di legittimita' costituzionale: si costruisce una riserva indiana, creando disparita' di trattamento''.

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luiss_smorgana