Ilva, no dissequestro acciaio? “A casa altri 3.000”. Governo mette una pezza

L’Ilva di Taranto (Foto Lapresse)

TARANTO – L‘Ilva di Taranto lascia a casa altri 1.400 lavoratori. E minaccia identico destino per altri 1.500 e più.  La decisione, ha fatto sapere l’azienda, è legata al no del giudice per le indagini preliminari al dissequestro dei prodotti sulle banchine. Contro il no del gip alla restituzione dei prodotti finiti realizzati dopo il sequestro dello scorso 26 luglio l’Ilva ha anche annunciato ricorso al Tribunale del Riesame.

Così, di fronte al rischio di altre 1400 persone a casa, nella serata di martedì il governo prova a intervenire con una pezza. Pezza che ha la forma di un emendamento e che è destinata ad accendere un nuovo confronto con la magistratura. Spiega il governo in una nota che secondo l’emendamento che verrà inserito nella mattinata di mercoledì sono commerciabili tutti i manufatti dell’Ilva, anche quelli realizzati con l’impianto sotto sequestro e ancora sequestrati dalla magistratura.

‘Con l’emendamento – si legge nella nota – si chiarisce che la facoltà di commercializzazione dei manufatti da parte dell’Ilva, riguarda anche quelli prodotti prima dell’entrata in vigore del decreto salva-Taranto e attualmente sotto sequestro. Il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, domani mattina (mercoledì, ndr)  presenteràalla Camera l’emendamento governativo”.

I nuovi dipendenti che resteranno a casa nelle prossime settimane sono soprattutto quelli delle aree della laminazione a freddo, dei tubifici e dei servizi correlati.

Questi 1.400 dipendenti senza lavoro si aggiungono ai 1.200 già in cassa integrazione. L’Ilva ha anche fatto sapere che, sempre per la decisione del gip, “si fermeranno a catena gli impianti di Novi Ligure, Genova Racconigi e Salerno, dell’Hellenic Steel di Salonicco, della Tunisacier di Tunisi e di diversi stabilimenti presenti in Francia”.

L’azienda ha annunciato che si fermeranno anche ”tutti i centri di servizio Ilva, quali Torino, Milano e Padova, nonché gli impianti marittimi di Marghera e Genova. Tutto ciò comporterà una ricaduta occupazionale che coinvolgerà un totale di circa 2.500 addetti”.

Le ripercussioni maggiori si avranno a Genova e Novi Ligure dove ”nell’arco di pochi giorni, da oggi, saranno coinvolte circa 1.500 persone (1.000 su Genova e 500 su Novi Ligure). Secondo la Fiom allo stabilimento di genova ci sarebbe un programma per arrivare fino al 7 gennaio senza bloccare gli impianti.

L’azienda ha detto che farà ricorso contro la decisione del gip ”confidando che la situazione possa essere sbloccata al più presto per evitare, oltre al danno derivante dalla mancata consegna dei prodotti già ordinati e non rimpiazzabili in alcun modo, anche il danno relativo all’eventuale smaltimento di tali prodotti che, l’azienda ricorda, sono prodotti deteriorabili”.

La quantità di prodotti e di semilavorati interessati dal provvedimento di sequestro, sostiene l’Ilva, è di circa 1.700.000 tonnellate, per un valore di circa 1 miliardo. “Mancando la disponibilità di prodotti finiti e semilavorati verrà del tutto interrotta la lavorazione verticalizzata a Taranto e negli altri stabilimenti Ilva e sarà necessario ricostituire da zero un nuovo parco prodotti lavorati e semilavorati”.

 

 

 

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Maria Elena Perrero