Ilva: impianti chiusi, Ferrante escluso. Monti valuta l’intervento del governo

(Foto LaPresse)

ROMA – Sitauzione sempre più grave all’Ilva di Taranto: dopo che il gip Patrizia Todisco ha ribadito che gli impianti resteranno fermi, ha anche revocato per ”palese conflitto di interessi” la nomina del presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, a custode e amministratore degli impianti dell’area a caldo sequestrati perché inquinano. Al posto di Ferrante è stato nominato il presidente dell’ordine dei commercialisti, Mario Tagarelli.

Ferrante ha dato mandato ai propri legali di impugnare il provvedimento: l’ordinanza interpretativa impone, secondo l’azienda, lo stop alla produzione per consentire la messa in sicurezza degli impianti. “Una scelta insostenibile” secondo l’Ilva che ha contestato seduta stante il decreto. E il presidente in serata insiste: “Dal provvedimento del gip nasceranno seri problemi per l’azienda”.

Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente del Consiglio, Mario Monti. Il premier intende verificare con il servizio giuridico di Palazzo Chigi se ci siano spazi legali per un intervento del governo sulla questione dell’Ilva di Taranto per evitare la chiusura dello stabilimento. Monti ha chiesto ai ministri competenti di recarsi sul posto il 17 agosto e di riferire sulla situazione.

Il ministro della giustizia Paola Severino ha detto di voler chiedere l’acquisizione dei due provvedimenti con i quali il gip di Taranto Patrizia Todisco ha confermato il sequestro degli impianti dell’Ilva di Taranto e ha revocato la nomina di Bruno Ferrante dall’incarico di curatore dello stabilimento. L’acquisizione dei provvedimenti è stata decisa per valutare gli atti per quanto è di competenza del ministro della giustizia.

Nettamente contrario alla decisione del gip di Taranto il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, secondo cui ”La nuova disposizione del gip di Taranto è in aperto contrasto con ciò che il Ministero dell’Ambiente ha avviato e non tiene conto del lavoro svolto e del ruolo del ministro”.

Clini e il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera andranno a Taranto questa settimana per ”incontrare le autorità e il procuratore della Repubblica”. Per il ministro dell’Ambiente il conflitto riguarderebbe appunto l’ultima decisione del Gip del tribunale di Taranto Patrizia Todisco che ha revocato per “palese conflitto di interessi” la nomina del presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, a custode e amministratore degli impianti dell’area a caldo sequestrati perché inquinano. Il ministero infatti aveva già avviato un tavolo di lavoro con l’Ilva e con Ferrante per fare adeguare l’azienda alle nuove norme europee sulla sicurezza per l’ambiente e la salute degli impianti.

”La commissione europea – ha aggiunto il ministro – il 18 marzo scorso ha pubblicato l’elenco delle nuove tecnologie per la salvaguardia della salute e ha disposto che gli stati membri debbano rivedere le autorizzazioni già concesse per fare allineare le industrie a queste norme e questo deve avvenire entro il 2016. Come ministro dell’ambiente ho la responbilità di questa proceduta e ho aspettato solo 4 giorni, non 4 anni, riaprendo la procedure di autorizzazione per avere dall’Ilva le migliori tecnologie disponibili a questo fine. L’Ilva ha presentato ricorso contro questa decisione e io ho chiamato Ferrante chiedendo che l’Ilva rinunciasse ai contenziosi per aprire un tavolo di lavoro, cosa che è stata fatta”. Ora per Clini ”la nuova disposizione del Gip è in aperto contrasto con il Ministero dell’Ambiente, il lavoro svolto e il ruolo del ministro”.

Molto preoccupato il ministro Passera: ”E’ assolutamente necessario evitare la chiusura e lo spegnimento degli impianti, cosa che causerebbe danni irreparabili. Nulla sarà lasciato intentato. Risanamento ambientale, produzione sostenibile e lavoro devono essere gli elementi portanti di una strategia unitaria”, dice.

”Il Protocollo di Intesa firmato tra ministeri e istituzioni locali e le ingenti risorse già messe a disposizione per il risanamento ambientale sono la dimostrazione concreta dell’ampio impegno istituzionale e politico per superare e risolvere definitivamente le problematiche che hanno portato al sequestro. Proprio per questo, è assolutamente necessario evitare la chiusura e lo spegnimento degli impianti, cosa che causerebbe danni irreparabili dal punto di vista economico, occupazionale e sociale. Nulla sara’ lasciato intentato per evitare un tale evento”.

”Serve grande senso di responsabilità, da parte di tutti. Risanamento ambientale, produzione sostenibile e lavoro devono essere gli elementi portanti di una strategia unitaria che permetta all’azienda e ai suoi lavoratori di continuare a produrre. Proprio per perseguire questo obbiettivo, le istituzioni e le parti interessate torneranno a riunirsi in una serie di incontri programmati a breve”.

Per quanto riguarda il versante occupazionale, Ferrante, in un colloquio con La Stampa, la parola ‘licenziamenti’ dice di non volerla neppure pronunciare. Ma ”se ci bloccano la produzione la prospettiva si complica” perché ”dire no all’attività produttiva vuol dire togliere linfa vitale all’azienda. Viene meno la ragione stessa dell’esistenza dell’Ilva. E poi banalmente, se non produco come faccio a pagare 12mila persone?”.

“Per noi – aggiunge – è una doccia fredda. A questo punto è chiaro che una parte dei nostri interlocutori vuole farci chiudere” ma ”andremo avanti fino alla fine”. ”Il mio compito vero – spiega Ferrante – è cercare di trovare una soluzione ragionevole per salvare l’azienda. Io ho sempre rispettato la magistratura” ma ”in questo caso credo che fermare la produzione non si per nulla ragionevole”.

”Registro – dice il prefetto – in tutti quelli con cui ho parlato un enorme sentimento di sorpresa, dal ministro Clini al presidente della Regione Vendola ai sindacati…”. Perché si tratta ”di un provvedimento insostenibile nei fatti”. ”Se la mia persona serve a rendere piu’ forti le ragioni del dialogo – osserva – bene. Però provvedimenti così drastici aumetano la tensione e rendono tutto più difficile”.

”Quando si dice blocchiamo la produzione bisogna assumersene la responsabilità – critica invece il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini – perché se chiudiamo la produzione chi fornirà l’acciaio per l’economia italiana? Chi ci guadagna? L’Italia ci perde mentre alla finestra mi pare già di vedere i tanti competitori europei, per non parlare dei cinesi, che ne trarrebbero di sicuro un grande vantaggio”.

Appello anche dal leader del Pd, Pier Luigi Bersani, che chiede al governo di intervenire.  ”E’ indispensabile che il governo con tutti gli strumenti formali e informali che ha, faccia chiarezza sulla situazione dell’Ilva di Taranto”, dice Bersani. ”Bisogna essere consapevoli che la confusione attorno al più grande stabilimento siderurgico d’Europa fara’ presto il giro del mondo”.

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Epidemiologia e Prevenzione, è maggiore del 15% l’incidenza dei tumori nell’area del sito dell’Ilva di Taranto, con un picco del 30% in più per quelli al polmone.

I dati saranno presentati al ministero della Salute a metà settembre prossimo. Il ministro Renato Balduzzi riceverà nei prossimi giorni nuovi dati sul rischio dal Centro per il controllo delle malattie (CCM).

Lo studio riguarda tutti i Siti di interesse nazionale per le bonifiche (SIN), 44 in tutto. La ricerca, che il 18 settembre sarà presentata al ministero, ha trovato per l’area di Taranto un ”eccesso di circa il 30% nella mortalità per tumore del polmone, per entrambi i generi, un eccesso compreso tra il 50% (uomini) e il 40% (donne) di decessi per malattie respiratorie acute”, e un aumento de 10% nella mortalità per le malattie dell’apparato respiratorio.

Raffaele Bonanni attacca la gestione del caso Ilva, e se la prende con il governo: sul futuro industriale dell’Ilva ”c’è un vero e proprio atteggiamento da risiko”, ha detto all’agenzia Ansa il segretario generale della Cisl, che ha anche chiesto alle ”massime istituzioni del Paese di interrompere questo rilancio continuo” e di ”indicare alla giustizia la via dell’equilibrio”.

A Bonanni non è piaciuta l’ultima disposizione con cui il gip di Taranto Patrizia Todisco, ribaltando la decisione del riesame, ha imposto lo stop alla produzione dello stabilimento, rimuovendo anche il presidente Bruno Ferrante dall’incarico di custode e amministratore degli impianti. ”Tutto ci aspettavamo fuorché una nuova doccia scozzese. C’è qualcosa che non va”, afferma il leader della Cisl.

”Tra impegni del governo e della Regione, fra assicurazioni date ai sindacati e successiva decisione del riesame, si pensava si fosse trovata una soluzione equilibrata. Purtroppo così non è. Ho il timore che ci sia una situazione che tende a non costruire un equilibrio e a non rendersi conto che la realtà produttiva è tutt’uno con Taranto”.

Secondo Bonanni, i problemi della salute e dell’ambiente ”si risolvono se le produzioni rimarranno. Sembra non si faccia distinzione tra ciò che è stato inquinato decenni fa e il lavoro di bonifica degli ultimi anni, oltre agli impegni presi dall’azienda”.

”Spero – continua – che le massime istituzioni di garanzia del Paese riescano ad indicare alla giustizia la via dell’equilibrio e comunque a riportare le cose al punto raggiunto giorni fa con il riesame. Per quanto ci riguarda saremo mobilitati fino a quando non si arrivi a una certezza: che la produzione possa proseguire insieme alla bonifica del territorio. Nessuno deve ideologizzare perché in questo caso – conclude – l’ottimo è nemico del bene”.

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Maria Elena Perrero