Il mistero che non ci siano misteri: è questo il lato più strano della sparizione di Yara, la tredicenne di Brembate Sopra scomparsa nel tardo pomeriggio di venerdì 26 novembre.
Marco Imarisio, per il Corriere della Sera, racconta la situazione quasi surreale che si incontra a Brembate, un paesino bianco di neve, in cui tutti vanno a dormire presto. Tranne ieri sera, la sera di sabato 4 dicembre. Intorno alle 23 le luci delle case si sono accese. Per un attimo chi ancora non sapeva ha sperato: “L’hanno trovata”.
Ma non era così. Certo, un passo avanti nelle indagini sembrerebbe essere stato fatto: due uomini sono stati fermati, un tunisino e un italiano. Un’ipotesi che confermerebbe, tra l’altro, la testimonianza di Enrico Tironi, il diciannovenne più volte interrogato dai carabinieri.
L’aspetto più strano di tutta questa storia, è che nella vita della piccola promessa della ginnastica ritmica Yara non ci sono aspetti poco chiari, amicizie strane, chat pericolose, o grilli per la testa. Nulla di tutto ciò.
Lo conferma Suor Carla Lavelli, preside delle Orsoline di Somasca, l’istituto di Bergamo frequentato da Yara fin dalla materna. Che racconta come quella di Yara sia “una famiglia splendida. Forte, salda, riservata e tranquilla”.
Una famiglia stranamente normale: il papà Fulvio, geometra alla “Gamba coperture srl”, la mamma maestra d’asilo, i tre fratelli, Keba – con il nome di una divinità brasiliana come la stessa Yara -, e poi Gioele e Natan, altri due nomi di ascendenza religiosa, questa volta biblica. Una famiglia che il sentimento forte per la religione lo mostrava ogni domenica, raccogliendosi in preghiera prima del pranzo.
E la piccola Yara, 13 anni, 150 centimetri e 47 chili, lo sguardo fermo di una ginnasta che vuole vincere, ha poche passioni, e comuni: “Il mio attore preferito si chiama Johnny Depp, tra gli animali adoro gattini, cani e conigli, mi piacciono i film di danza come Step Up 3D, il Milan e i viaggi”, diceva per presentarsi a scuola, mostrando una particolare enfasi soltanto parlando della ginnastica ritmica, “la mia grande passione, la pratico da quando avevo tre anni”.
A questa famiglia, alla piccola Yara, in paese sono in tanti a voler bene, più con le parole – come succede altrove nella grande Italia – con i fatti, compiuti nella discrezione del silenzio.
Come Giovanni Valsecchi, pensionato e capo della locale Protezione Civile. E’ lui a guidare in questi giorni le ricerche. Ma ammette sconsolato: “Qui non c’è. O fanno un decreto di perquisizione di tutte le case private della zona, altrimenti noi abbiamo finito, non sappiamo più dove cercare”.
O come Paolo Gamba, il titolare dell’impresa edile specializzata nell’isolamento dei tetti dove lavora Fulvio Gambirasio, un’azienda con sede a cinquecento metri di distanza dalla palestra dove Yara è stata vista per l’ultima volta. Venerdì scorso ha invitato tutte le persone inserite nella sua lista di contatti a correre a Brembate, perché, ha scritto, “c’è da aiutare una persona per bene, forse gli hanno portato via la figlia”.
“La cosa incredibile, racconta Gamba al Corriere della Sera, è che in questi giorni Fulvio è venuto in ufficio. Aveva uno sguardo carico di dolore, e gli occhi lucidi. Ma si è presentato comunque. Capisce di cosa stiamo parlando?”.
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