Nell’inchiesta sugli appalti del G8 alla Maddalena un ruolo non marginale lo hanno anche le donne. Ci sono le zelanti segretarie di Guido Bertolaso e Simone Rossetti che si scambiano mail per i massaggi del capo della Protezione civile; ci sono Olivia e Chiara, la figlie di Bertolaso che difendono a spada tratta il papà e il Salaria Sport Village e la sua “pulizia” almeno per quanto riguarda le accuse di “incontri sessuali a pagamento”; ci sono, ovviamente, le massaggiatrici del circolo, Francesca su tutte; c’è la figlia del generale Francesco Pittorru accusato di essere una talpa della Guardia di Finanza che passava informazioni alla Cricca della Ferratella, e c’è anche la signora Anna Toro, moglie dell’ex Procuratore aggiunto di Roma Achille, dimessosi proprio in seguito al coinvolgimento del figlio Camillo nell’inchiesta.
Proprio la moglie di Achille Toro, le intercettazioni delle cui telefonate sono state diffuse mercoledì 3 marzo dai principali quotidiani, offre una lettura dall’interno della famiglia dell’inchiesta che ha travolto il figlio e il marito. Il suo è, allo stesso tempo un atto d’accusa ai familiari, etichettati come ingenui e alla magistratura, disegnata come potere lacerato da lotte intestine e rancori reciproci.
Poco dopo la perquisizione nell’ufficio romano di Camillo Toro, la madre parla al telefono con sua sorella e spiega: «Mio figlio è stato un ingenuo, che a 38 anni non dovrebbe essere (…) uno cerca di evitargli le cose, però se sono cretini… ma lui non è cretino». (…)
Quindi la signora racconta alla sorella del “complotto”. Achille Toro, secondo lei, sarebbe stato “fatto fuori” perchè in odore di promozione alla guida della Procura di Roma. Carica la signora Toro: «A me non me ne fotte un cazzo… cioè nel senso che Achille se ne va in pensione perché ha deciso di andarsene, perché dice, “siccome praticamente sono attaccato, perché avevo l’80 per cento delle possibilità di diventare procuratore di Roma, e adesso quindi questi non avranno tutta questa virulenza dell’attacco” (…) nelle carte non c’è niente, c’è praticamente le parole di un fanfarone (…), un nessuno che però si muoveva freneticamente per avere gli appalti come tutti gli imprenditori… però praticamente veniva ricevuto da certe persone facendo un certo nome (…) si è peccato di ingenuità, anche Achille».
Il “fanfarone” in questione è l’avvocato Edgardo Azzopardi che, insieme ad Anemone, secondo la Procura di Firenze avrebbe garantito a Camillo Toro un buon contratto di lavoro all’Acea o al ministero delle Infrastrutture. E che tra Toro e la Procura di Firenze non corra buon sangue lo conferma lo stesso ex magistrato in una telefonata a una certa Rossella in cui sbotta: «Bertolaso non c’entra un cazzo, e io allora?. Questi sono stati scorretti, io lo conosco bene al capo, e figurati un poco, e pure Gianni (Ferrara, procuratore capo di Roma)… che l’altro giorno lui ha chiesto… a questo punto perché stavamo facendo pure noi le indagini… le carte… manda l’ultima pagina quando su tutti… quella sulla competenza… ormai internet ci sta tutta l’ordinanza, per dirti la malafede de sta gente».
Parla con tante persone la signora Toro e si sfoga con un magistrato, un certo Gigi, a cui svela i timori del marito. Achille Toro è da sempre ostile alle intercettazioni telefoniche e di sicuro in questi ultimi giorni lo è diventato ancora di più. Dice al telefono la signora: «Lui dice io sono sempre stato contrario alle intercettazioni, ma così, per mia convinzione, adesso la magistratura che collaborava con me può interpretare che io ero contrario alle intercettazioni per queste ragioni».
Anna Toro, poi, non difetta di certo in realismo e quando sua nuora le chiede di rivolgersi a qualche politico importante replica: «Nessuno ha capito una cosa, che non ci caca nessuno, che il loro paracadute si è rotto».