La famiglia aveva denunciato che l’uomo si era trovato in “condizioni di straordinario aggravio fisico”: l’attività lavorativa “si era intensificata fino a raggiungere ritmi insostenibili”, con una media di “circa 11 ore giornaliere” e con il “protrarsi dell’attività a casa e fino a tarda sera”. Non solo: era stata una perizia tecnica a evidenziare il nesso tra la morte improvvisa del dipendente e la mole di lavoro: “L’infarto era correlabile, in via concausale, con indice di probabilità di alto grado, alle trascorse vicende lavorative”.